I SOCIAL MEDIA
Per quanto nell’immediato presente possa risultare superflua se non addirittura ridicola una spiegazione su cosa siano i Social Media, per coerenza espositiva tenterò di avviare una breve spiegazione su cosa sia tale fenomeno, onde poter superare tutti questi necessari incipit e giungere finalmente alla parte fondamentale, e mi auguro meno noiosa e meno di “prassi”, del discorso. Social Media, o Social Network, è un’espressione generica che tende ad indicare quelle tecnologie e quelle pratiche in rete che gli individui adottano allo scopo della condivisione di contenuti testuali, immagini, audio e video.
I social media rappresentano fondamentalmente un cambiamento nel modo in cui la gente legge, apprende e condivide quelle informazioni e quei contenuti precedentemente condivisi da i mezzi di comunicazione antecedenti a tale fenomeno. Con i social media cambia radicalmente il modello di comunicazione tipico dei media tradizionali, sostanzialmente rendendo possibile a tutti, e non più ai pochi che rappresentavano la mediazione attua tramite radio o televisione, la divulgazione di informazioni e contenuti, in modo più libero e accessibile.
Il cambiamento dato dall’avvento di questo nuovo tipo di media è stato assolutamente copernicano, travolgendo tutti i campi di interesse sociale, e facendosene mezzo primo e assolutamente necessario. Gli effetti che tutto ciò ha avuto sulle persone sono molteplici, omologando in un certo qual modo tendenze e rendendole accessibili e conoscibili da tutti, implicando modelli estetico-comportamentali in larga scala.
SULL’INTELLETTO UMANO SECONDO LOCKE
Nelle sue forme trascendentali l’intelletto umano è una delle maggiori fonti di possibilità, di potenziale e di potenza stessa, presentandosi come il maggior mezzo di cui si possa disporre. Per quanto riguarda invece le sue forme empiriche e cognitive, il nostro intelletto è vittima di molti inciampo e di molte debolezze, ma mi spiego meglio. Allontanandoci dalla concezione Cartesiana dell’intelletto, possiamo assolutamente affermare che la ragione è un mezzo limitato, e che agisce sul solo materiale che proviene dall’esperienza.
L’esperienza diventa dunque fondamentale tassello della nostra identità, non potendo definire noi stessi senza d’essa, ed è a questo punto che è necessario per meglio comprendere quanto detto e quanto sarà detto l’intervento di John Locke, il filosofo padre del liberalismo classico. Locke mette in evidenza i già dibattuti limiti della ragione affermando che l’intelletto agisce su un materiale che proviene dall’esperienza e che senza di essa la mente sarebbe tabula rasa. Secondo il filosofo di Wrington l’intelletto se provvisto delle idee semplici, è in grado di unirle e riproporle, divenendo attivo.
Possiamo dunque affermare, secondo queste tesi, che l’individualità d’ogni individuo dipende dunque, e quasi unilateralmente, dalle esperienze da lui vissute, e certamente anche dal suo modo, indipendente dall’esperienza, di interpretarle.
L’ILLUSIONE D’ESSER DIVERSI
Tramite i precedenti ragionamenti abbiamo trovato il punto focale della conclusione verso cui ci stiamo avviando: l’esperienza è fondamento della propria individualità, e consequenzialmente della propria diversità rispetto agli altri. Ma in che modo i Social Media sono collegati a tale affermazione? Abbiamo detto che i Social Media hanno radicalmente cambiato differenti input, tra cui i modelli che seguiamo e le esperienze che viviamo tramite le tendenze che essi portano, le quali arrivano per forza di cose ad ogni individuo munito d’un qualunque apparecchio elettronico di condivisione.
Un punto che è stato volutamente omesso è stato quel frangente che tocca la sfera della propria privacy, di come quanto condiviso, che per sommi capi definisce chi si è, oltre ai soliti dati personali e foto che ritraggono noi e quanto facciamo, permetta a chiunque in qualunque posto, e magari esterno in ogni modo alla nostra vita, di sapere quanto basta su di noi per poter definire la nostra persona. Possiamo conoscere qualcuno e tutte le sue esperienze, con le somiglianze che abbiamo in comune con lui, in un secondo, per poi dimenticarlo, essendoci magari imbattuti casualmente nel suo profilo, per poi tornare alla nostra vita come se niente fosse. Siamo accomunati ormai con chiunque usufruisca di questo universale servizio sociale dagli stessi modi, dalle stesse abitudini di condivisione e dalle stesse tendenze seguite, ed è impressionate osservando gli altri capire quanto abbiamo in comune con chi ha vissuto o vivrà quell’esperienze che ogni essere umano si trova d’innanzi, come un primo giorno di scuola o un primo amore.
La natura umana prima della sua individualità rimanda allo stesso modo, d’impronta sì razionale ma anche istintiva, una terribile somiglianza tra gli appartenenti alla sua specie, prima velata dall’assenza del poter verificare la via d’ognuno nella sua quotidianità. Vittime ormai del dover condividere le stesse esperienze, gli stessi modi, le stesse tendenze e l’emulazione degli stessi modelli, rimane ben poco della diversificazione dell’esperienze dell’uno rispetto all’altro, e se siamo davvero tabula rasa, condividendo le stesse esperienze di tutti l’attuazione della nostra diversità diventa sempre meno probabile.
Non è più premiata la diversità dell’individuo, la sua particolarità, ma la sua capacità di meglio adeguarsi a quanto viene imposto come modello predefinito, non è l’innovazione che si cerca, ma la copia meglio riprodotta. Nelle sue comodità, nella sua universalità e nella sua diffusione, l’uomo corre, corre sempre più veloce verso una meta non definita ma decisamente più avanguardistica e tremendamente più oggettiva, e continua a correre, nonostante la sua “umanità” non riesca a tenergli il passo.