scritto da Nino Maiorino - 07 Gennaio 2015 09:48

Buon anno Francesco

Con l’arrivo di questo nuovo anno, il mio primo pensiero va al nuovo Pontefice, Papa Francesco, che in quest’anno ha creato le premesse per uno stravolgimento della Chiesa, alla quale sta dando una virata gigantesca orientandone la navigazione verso lidi di sobrietà, avviandola sulla strada del ritorno alle origini della religione, ad una maggiore aderenza al servizio per il prossimo, per gli altri, specialmente i più umili, i poveri, gli oppressi, gli indigenti, i tartassati.

Papa Francesco sembra aver finalmente detto, ed era da anni che ci si attendeva una apertura del genere, che al centro della Chiesa deve esserci Cristo, il Suo insegnamento, il Suo sforzo in favore dell’uomo. Quindi al centro dell’attenzione della Chiesa deve esserci l’uomo, del quale bisogna comprendere i problemi, le debolezze, i malanni, le inquietitudini.

La Chiesa deve essere orientata alla comprensione, al conforto spirituale, morale e materiale, alla considerazione delle debolezze, delle devianze, dei disagi. Con la frase “chi siamo noi per giudicare” detta per i divorziati, per i separati, per gli omosessuali, Papa Francesco ha detto qualcosa di dirompente che ha frastornato tutti noi, che Gli ha attirato le critiche degli “ortodossi”, giacché  sembra andare contro i canoni secolari e consolidati imposti dalla dottrina religiosa, ma che, in definitiva, è in linea con  le parole di Cristo “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, dette in quella circostanza per salvare l’adultera dalla lapidazione, ma che ha ispirato tutta la Sua vita.

Ogni volta che Cristo si è trovato al cospetto di un “peccatore”, ne ha esaminato sempre la purezza dell’animo, indipendentemente dai peccati commessi, il comportamento di buona o cattiva fede, il danno per se stesso o per gli altri. E nei confronti di tantissimi “peccatori” Cristo è stato sempre indulgente, assolvendoli purché il loro cuore fosse puro e non ci fosse in loro il desiderio di danneggiare scientemente gli altri; ma è bene ricordare che Cristo è stato intransigente con i falsi profeti, con i non puri di cuore, con coloro il cui comportamento era orientato a danneggiare il prossimo, in definitiva contro chi non intendeva rispettare il comandamento che, pure non scritto, è uno dei pilastri della dottrina cristiana (direi del vivere civile), e cioè “non fare ad altri quello che non vuoi venga fatto a te stesso” che, in definitiva, va tradotto con l’impegno di fare al nostro prossimo ciò che si desidera che esso faccia a noi: semplice regola di vita che, se applicata da tutti, eviterebbe tanti guai, tanti delitti, tanti malanni dei quali noi oggi soffriamo.

Papa Francesco, con il suo insegnamento e il suo comportamento, sta dando testimonianza che la Chiesa è accanto all’uomo con le sue sofferenze, i suoi problemi, e che essa non è il castello dorato e irraggiungibile come per secoli è stata considerata, ma è una casa senza porte, con pareti trasparenti, sempre e comunque al servizio del prossimo.

E la sobrietà che Papa Francesco, gradualmente, sta introducendo, insegna che la Chiesa non deve essere un centro di potere per il potere, un accumulo di beni per la ricchezza dei pochi, e magari di quei principi abituati agli agi per gli agi, agli onori per gli onori, alle ricchezze per il loro benessere materiale.

Cosa più dirompente Papa Francesco non poteva fare, riportandosi così anche a quel “pazzo” di Francesco d’Assisi che, nel fiore di una gioventù, durante la quale aveva conosciuto le ebbrezze delle avventure, degli amori, e anche i disastri e le atrocità delle guerre, ebbe la lucidità di fermarsi, di interrogarsi sul senso della vita, sulla utilità della Sua vita, sul Suo ruolo in quella società caratterizzata da eccessiva ricchezza e potere di pochi contro la eccessiva povertà, miseria, indigenza di tanti, di interrogarsi su come potesse essere di aiuto non alla Sua famiglia, già piena di agi e di ricchezze, non ai suoi amici, anch’essi agiati e privilegiati, ma piuttosto ai tanti derelitti che bussavano alle porte dei ricchi per un tozzo di sopravvivenza venendo, spesso, cacciati e umiliati.

E in questo delirio di esistenza Francesco chiese a Dio Padre, “dimmi, cosa vuoi che io faccia”, ricevendone una indicazione che fu l’origine della Sua nuova vita, “va e ripara la mia chiesa”, che Francesco interpretò come il comando di ripristinare quella cadente chiesetta della campagna umbra che poi costituì l’originario centro di aggregazione degli amici di Francesco i quali, coinvolti dal delirio del Santo, stregati dalla Sua volontà di spendere la vita per rendersi utili agli altri, specialmente ai poveri, miseri e derelitti, sopraffatti dalla personalità dell’umile Poverello di Assisi, si lasciarono coinvolgere e costituirono il primo nucleo di quel Francescanesimo che, dopo, si rese conto che quella indicazione di “riparare la Chiesa” era solo una metafora per un comando di portata planetaria: riparare la Chiesa dalla corruzione, dalla ricchezza, dagli arrampicatori, da tutti coloro che avevano  tradito le Sacre Scritture, l’Antico e il Nuovo Testamento, che si erano precostituiti i loro centri di potere, ad ogni livello, per assicurarsi ricchezze, potere, stabilità, mondanità.

Tornando Francesco a quel Cristo che per quelle stesse regole aveva pagato con la Sua vita, “democraticamente” sacrificata dal popolo di Israele che non aveva nessuna intenzione di cambiare, o che aveva visto in Cristo il fallito liberatore della Palestina dal giogo e dall’oppressione romana, non avendo compreso, anche allora, il senso degli insegnamenti che Cristo era venuto a dare per perfezionare quelle leggi che, anche allora, ciascuno interpretava in maniera utilitaristica e finalizzata alla conservazione di poteri e privilegi, allora come ora, allora come sempre, aveva testimoniato che l’essenza della Chiesa era proprio questa.

Non è casuale che questo nostro pensiero sia diretto a Papa Francesco e a San Francesco i quali, accumunati non solo dal nome, hanno impresso alla Chiesa quelle sterzate tanto benefiche che, purtroppo, col tempo sono state e potrebbero ancora essere vanificate.

Ed è per questo che, con amore filiale verso entrambi, dedichiamo i nostri auguri per il nuovo anno a Papa Francesco, con l’auspicio che continui a incidere sulla Chiesa con la stessa perseveranza di San Francesco.

Auguri Francesco.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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