E’ comprensibile che con il caldo e l’alta umidità nell’aria chi non può andare al mare ed abita accanto a un lago oppure a un fiume non rinuncia ad un bagno refrigerante.
E fa bene, però a patto di sapere a cosa va incontro in quanto laghi e fiumi hanno le loro insidie.
Non è che il mare non abbia i suoi pericoli: la differenza sta nel fatto che al mare ci va tanta gente, sia negli stabilimenti balneari, sia alle spiagge libere.
Gli stabilimenti balneari hanno l’obbligo del controllo dei bagnanti e gli interventi di eventuali salvataggi sono immediati e fatti da bagnini addestrati.
Ma pure le spiagge libere sono abbastanza sicure in quanto in tanti le utilizzano (una volta le chiamavamo “mappatella beach”) e un eventuale pericolo viene immediatamente avvertito e segnalato, magari allo stabilimento accanto, o alle unità di pronto intervento.
A tal proposito è bene evitare spiagge libere poco frequentate perché in tal caso si correrebbero gli stessi pericoli di chi va al fiume o al lago.
Le cronache degli ultimi giorni portano alla luce diverse tragedie con un fattore in comune: l’annegamento nelle acque dolci.
Solo qualche giorno fa una bambina di 11 anni trovata morta nel lago di Como, a 20 metri di profondità, dopo essere scomparsa mentre faceva il bagno, e un ragazzo di 20 anni invece è deceduto nel lago di Bolsena dopo un tuffo dal pedalò.
Anche se potrebbe sembrare che le cause di queste morti non siano legate prettamente a laghi e fiumi, scopriamo quanti pericoli possono nascondersi invece nelle loro acque.
Ma quali sono le cause di queste tragedie?
Come spiega Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (Sima), “I pericoli sono legati fondamentalmente a tre fattori: la formazione di mulinelli d’acqua e correnti per quanto riguarda i fiumi e gli improvvisi fondali alti nel caso dei laghi”.
“In alcuni casi ci può essere imperizia e avventatezza, ma spesso chi decide di fare il bagno lo fa senza conoscere bene lo specchio d’acqua o senza saper nuotare”, evidenzia.
I consigli per evitare i pericoli.
Prima di avventurarsi nelle acque di un fiume o di un lago, è bene seguire alcuni consigli.
Innanzitutto non uscire in acquascooter di notte, perché “il mezzo può finire in una secca o l’alta velocità provocare la caduta in acqua del passeggero”. Quindi di notte, al buio, “si va nel panico e non c’è nessuno a cui chiedere aiuto”, spiega Miani.
Fate sempre indossare ai bambini strumenti come braccioli, salvagenti, galleggianti e materassini. “Il più delle volte, infatti, le vittime di annegamento nelle acque dolci sono i più piccoli che non hanno ancora imparato a nuotare”, avverte l’esperto.
Se si è inesperti del luogo, è essenziale prendere le giuste informazioni da chi vive sul posto. “Quindi leggere i cartelli relativi alla balneazione ed eventuali divieti. Ovviamente, se non si ha dimestichezza con l’acqua, è fondamentale munirsi di salvagenti perché nell’acqua dolce si galleggia meno bene rispetto all’acqua di mare”, aggiunge.
Le cause degli annegamenti.
“Tra le cause degli annegamenti in laghi e fiumi, il 10% dei circa 400 annegamenti che si verificano ogni anno in Italia, la principale è la bassa temperatura dell’acqua: fino a 10 gradi centigradi in meno rispetto a quella del mare”, spiega il presidente della Sima.
Soprattutto dopo una lunga esposizione al sole con una temperatura esterna intorno ai 33 gradi, ci si tuffa improvvisamente nelle “acque dove la temperatura è di 12 gradi, talvolta anche 6, rispetto ai 22 gradi in media del mare. Un errore che in tanti pagano caro”.
Il fiume Noce si versa nel mare
Tale differenza di temperatura è immediatamente riscontrabile, ad esempio, al confine tra la Basilicata e la Calabria, in località Castrocucco, esattamente dove il fiume Noce versa nel mare le sue acque: l’acqua del fiume è ghiacciata, rispetto a quella calda del mare che è a due-tre metri di distanza
“I malori per choc termico sono frequenti e spesso mortali. Inevitabilmente lo sbalzo di temperatura provoca una perdita di coscienza per mancanza di sangue che arriva al cervello. Quindi la persona sviene e inala acqua” fino ad annegare, continua Alessandro Miani.
Tuttavia, spesso le vittime sono non nuotatori. “Sappiamo bene che nelle acque interne non c’è la sorveglianza e la vigilanza che troviamo nei lidi marini. Per questo motivo, quando succede l’incidente non è possibile intervenire per tempo”, continua.
Per il presidente della Sima è fondamentale puntare sulla prevenzione, “cercando di portare i bambini ad avere confidenza con l’acqua il prima possibile. Promuovendo corsi di nuoto a partire dai 5-6 anni di età e l’educazione all’acquaticità sin dai primissimi anni di vita”.