Ora che Milan Kundera se n’è andato per sempre, è arrivato il momento di leggere (o di rileggere, perché no?) “L’insostenibile leggerezza dell’essere” pubblicato in lingua francese nel 1984 poiché vietato in Cecoslovacchia e nel perimetro della cortina di ferro, come tutti i suoi testi già dalla “primavera di Praga” del 1968.
Per vederlo diffuso in patria Kundera dovrà aspettare addirittura il 2006.
Un testo simbolo per un’intera generazione di sessantottini, una sorta di guida sentimentale per cuori in esilio.
Il motivo è da ricercare in quel modo nuovo di mostrarci la vita (ma forse sarebbe più corretto dire la morte) e i suoi eventi.
“Soltanto il caso può apparirci come un messaggio. Ciò che avviene per necessità, ciò che è atteso, che si ripete ogni giorno, tutto ciò è muto. Soltanto il caso ci parla”.
Quanto sarebbe viceversa opprimente una vita che ritorna uguale, costringendoci a preoccuparci ogni volta di migliorare l’esperienza precedente?.
“L’uomo (…) vivendo una sola vita, non ha alcuna possibilità di verificare un’ipotesi mediante un esperimento, e perciò non saprà mai se avrebbe dovuto o no dare ascolto al proprio sentimento”
La meraviglia, che somiglia ad una pena, è la vita come esperienza irripetibile: tutta insieme e in ogni singolo episodio. Ogni cosa se torna, torna differente. E non ci sono prove come a teatro, si recita d’istinto, una volta e basta.
Ecco il segreto della sua leggerezza. Per chi lo sa cogliere.
Vista da questa prospettiva quindi la nostra esistenza è così effimera che non può pesare un grammo sulle nostre spalle e la nostra anima. Viviamo. Dieci o cento anni e accada ciò che accada.
“Non si sa mai che cosa volere, perché, vivendo una sola vita, non possiamo né paragonarla con le precedenti, né migliorarla in quelle a venire“.
E tra le esperienze meno didattiche, forse la meno formativa, non c’è nulla di più avvolgente dell’amore, con i suoi errori e le enormi contraddizioni, l’insensato modo che ha ognuno di noi nel gestire i propri sentimenti.
Nella Cecoslovacchia della metà degli anni sessanta Tomas medico chirurgo si innamora di Tereza che lo ama tollerando le sue numerose amanti tra le quali l’artista Sabina per la quale il cocciuto Franz tradisce la moglie fino ad abbandonarla.
Un quadrilatero di affinità, con regole invalicabili, che si scontrano con i desideri dei suoi vertici, in un paese invaso dai carri armati sovietici, dove chi si schiera contro il partito comunista perde le libertà fondamentali, la parola, il lavoro, la dignità.
Tomas predica l’irresolutezza delle decisioni ma poi si fa trascinare da Tereza in un categorico: “Es muss sein!” “Ciò deve essere!” come recita l’ultimo movimento del quartetto per archi n.16 di Beethoven.
Ognuno finirà a modo suo di sperimentare la vita. Chi senza scomporsi, chi morendo per ideologia. Ma nella turbolenta storia d’amore tra Tomas e Tereza la vera protagonista sarà la com-passione, quel sentimento che travalica il territorio dell’affetto e del possibile, che invade il cassetto della “memoria poetica” e ignora persino la gelosia tenendo insieme due vite fino all’ultimo dei loro giorni, come un’attrazione più che magnetica, meccanica.
Calvino scrisse che: “questo romanzo intitolato alla leggerezza ci parla soprattutto della costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che avvolge le persone, che esercita il suo peso su ogni rapporto umano”.
Antonello Venditti rubò il titolo per una canzone (“Che ti succede amico estetico? Rincoglionirsi non conviene…”).
Antonio Tabucchi scrisse che questo è “un testo in mutazione: non è più un romanzo ed è già un altro romanzo, non è tradizionale ma non è neppure quello che con un aggettivo un po’ logoro viene definito sperimentale”.
Nel 1988 il regista americano Philip Kaufman, ne trasse un film con Daniel Day-Lewis nel ruolo di Tomáš e Juliette Binoche in quello di Tereza (due candidature al premio Oscar).
Rivoluzionario per forma, linguaggio e tecnica, divagatorio, onirico, Kundera nel più profondo dualismo dei pensieri “leggero – pesante” si schiera dalla parte dell’inconsistenza. Tra mille dilemmi, ripensamenti e angosce, intende dimostrare che solo l’effimero ci rilascia quegli essenziali attimi di felicità dei quali abbiamo bisogno.
Così scrisse Kundera, il profeta.
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