Sono un giornalista musicale e spesso mi capita di ricevere da amici, parenti o semplici conoscenti richieste di aiuto per inserire nel mondo dello spettacolo giovani cantanti, con la scusa di una semplice valutazione.
L’ultima richiesta risale a pochi giorni fa, il caso di una cantante, davvero talentuosa, la cui richiesta fattami dal suo compagno era di avere un piccolo passaggio video in RAI o, quantomeno, in Mediaset.
II nostro è notoriamente il paese nel quale se non hai qualche “santo in Paradiso” non vai da nessuna parte, se non conosci cioè qualcuno che conta e ti possa appoggiare non riuscirai a farti strada.
Questo qualcuno è di solito un esponente della politica o delle istituzioni, talvolta della società civile di primo piano, e così via. È un’abitudine che a detta di molti diventa una necessità per potersi affermare, ma anche per ricevere un minimo di (giusta) considerazione e poter far valere le proprie doti e capacità.
Accade allora che bisogna mettersi alla ricerca di un “potente sponsor” per raggiungere un certo obiettivo. A giudicare alle cronache recenti, è ciò che stanno facendo tutti i recenti ‘trombati’ della RAI a causa del cambio del ‘timoniere politico’, fra cui la recentissima vicenda della brava giornalista Serena Bortone che, nonostante abbia dimostrato con tanto di auditel di aver fatto risalire le sorti della fascia pomeridiana della rete ammiraglia (RAI1, per intenderci), è stata brutalmente cancellata come si faceva col cassino sulla lavagna.
Ormai tale malcostume dimostra che senza un’adeguata raccomandazione non sei nessuno tuttavia giova evidenziare che l’ltalia, anche in questo senso, pare sia disposta anche a remare controcorrente.
A tal uopo mi ritorna in mente un caso eclatante che fece scalpore giusto dieci anni fa, quando un prefetto della Repubblica, egregiamente ministro in carica di quel periodo, il guardasigilli Annamaria Cancellieri, chiese aiuto ad un personaggio non proprio istituzionalmente qualificato, esponente di una famiglia plurindagata, la famiglia Ligresti per l’esattezza. Non sappiamo se ciò che le cronache registrarono in quei giorni fosse vero oppure no. Ma colpì in ogni caso il fatto che un rappresentante delle istituzioni dovette fare ricorso ad altri “fuori di sé” per ottenere qualche vantaggio in carriera.
Tant’è. L’ennesima conferma di un malessere tutto italiano: non solo quello del ricorso alla raccomandazione ma, nel caso poc’anzi segnalato, dell’ingerenza conclamata nella vita pubblica di personaggi tutt’altro che encomiabili.
Il che spiegherebbe se non altro il declino del Belpaese e la scarsa considerazione dei rappresentanti delle istituzioni agli occhi dei cittadini. Quindi non stupiamoci più di tanto delle epurazioni di tutti coloro non più ‘protetti’ nell’ente televisivo di Stato.
È il risultato – prevedibile a dire il vero – dei cambiamenti politici al Governo. La Rai, dai tempi della «lottizzazione» in poi, è sempre stata in balia degli scossoni politici e delle influenze dei partiti.
E per il lungo esercito di artisti bravi e talentuosi che aspirano agli ormai 15 minuti di celebrità politica, consiglio loro di intonare il ritornello che fa: “Viva la raccomandazione e abbasso il merito”.