Rai/Annunziata: dimissioni, serietà e supponenza
Le dimissioni di Lucia Annunziata dalla Rai sono un caso di lealtà, prima che politico, nei confronti degli utenti del servizio pubblico sovvenzionato con la contribuzione obbligatoria del canone. Ha dichiarato di lasciare perché “non ci sono le condizioni per una collaborazione”.
Certamente si tratta di una scelta sofferta per chi per 27 anni, con la striscia domenicale di Mezz’Ora in più, ha prestato volto e mediazioni nel narrare fatti uomini ed indirizzi che hanno animato il dibattito pubblico del Paese reale, dalle Piazze ai Palazzi. E dicendo “non condivido nulla dell’operato dell’attuale Governo”, in specie “sulle modalità di intervento sulla Rai”, manifesta “un atto di serietà” nei confronti della nuova governance dell’Ente, ma, nel contempo, disvela una concezione militante del ruolo del giornalista del servizio pubblico contravvenendo alla regola: prima informare e poi opinare.
Lascia “senza lamentela personale”: una stoccata di stile che fa la differenza con il vittimismo di Fabio Fazio; ma al tempo stesso suppone sui “contenuti”, di cui non da spiegazioni di merito e qualità , e sui “metodi” che ricalcano, in verità, una prassi consolidata se riferiti alle rotazioni delle direzioni di testate ad ogni cambio di amministratori.
Si capisce il disagio di chi ha esercitato, in maniera orientata, la conduzione di uno spazio tv prevalentemente di contenuti politici prendere atto della cittadinanza di altre voci alternative legittimate a Governare. Si possono non condividerle o contestarle nel libero mercato dell’informazione, altra cosa è renderne la circolazione attraverso il servizio pubblico.
Non è la prima volta che Lucia Annunziata lascia la Rai, se ne è andata già da Presidente dell’Ente ed è ritornata a collaborare da conduttrice. È giusto fare ciò che la coscienza ispira ma non “ch’ella ca c’è cummiene”. Soprattutto quando si esercitano ruoli di servizio pubblico. Esclusa la convenienza economica, che non rientra nel suo stile, resta in piedi il pregiudizio ideologico e supponente che è nelle corde di un élite adusa a dare pagelle, a prescindere.
Sono possibili ritorni seguiti da altre dimissioni? Quelle appena rassegnate sono “irrevocabili”. Ma credibili al di là della cabala degli umori politici?