LIBRI & LIBRI “Ho visto lei che bacia lui, che bacia lei, che bacia me… Ma chi baci tu?”
Il nuovo tormentone musicale estivo cantato da Annalisa, scritto da Paolo Antonacci (figlio di Biagio e nipote di Gianni Morandi) insieme con Davide Simonetta, ripropone l’antico ma sempre attuale tema del manage a trois (ma qui sono anche di più) già messo in musica da Renato Zero, Patty Pravo, i Pooh, solo per citare dei big.
Ma, se la cantante minaccia una strage e qualche boomer si scandalizzerà probabilmente per la sfacciataggine del tradimento, le nuove generazioni forse osservano la vicenda in maniera diversa.
Il tema, tutt’altro che marginale, approda di recente anche su mamma Rai con la programmazione della serie Conversations with friends – Parlarne tra amici, tratta dall’omonimo romanzo di Sally Rooney, bestseller mondiale. La serie, visibile in streaming su Rai Play, come il libro, narra la relazione indefinita che nasce tra Frances, Bobbi, Nick e Melissa. Da una parte, ci sono Frances e Bobbi, una irlandese, l’altra newyorkese trasferitasi in Irlanda con la famiglia, bisessuale la prima, lesbica la seconda, entrambe studentesse universitarie poco più che ventenni, amiche ma anche ex fidanzate (ma non sono sicura sia il termine appropriato). Dall’altra ci sono Nick e Melissa, attore lui, scrittrice affermata lei, più o meno quarantenni, coniugi. Si incontrano per caso e immediatamente nasce una frequentazione tra “amici”. Tra Frances e Nick si avverte palpabile una intesa, una corrente che li attrae a forza e li trascina ben presto in una storia. Cosa c’è di nuovo? C’è di nuovo che Melissa (ndr la moglie) lo sa e prova la strada della “condivisione”, se così si può dire. Nick ama Frances ma ama anche Melissa, al tempo stesso Frances ama Nick ma anche Bobbi (che intanto bacia Melissa).
Che gran caos?
Forse. Ma non è l’unico esempio.
Nel 2020, poco dopo il boom mondiale di Parlarne tra amici, veniva pubblicato Exciting Times di Naoise Dolan, anche lei giovanissima autrice irlandese come la Rooney. Il romanzo, tradotto in Italia da Claudia Durastanti e pubblicato da Atlantide Edizione, fu finalista all’edizione 2021 del Premio Salerno Libro d’ Europa. In quel libro, similmente a Parlarne tra amici, protagonista è una giovane irlandese, Ava, stabilitasi ad Hong Kong dove insegna inglese ai bambini, non il suo inglese (irlandese) ma quello “vero”, i.e. britannico. Interessante è il paragone tra lingua e personalità: come il linguaggio ha infinite sfumature di significato, così per Ava nulla è definito, ad iniziare dalla sua identità, anche sessuale.Inizia così una relazione con un banchiere inglese, Julian, poco più grande anagraficamente di lei ma sideralmente distante da un punto di vista di certezze almeno economiche. Julian si rileva affetto dallo stesso analfabetismo sentimentale di cui soffre Ava, non sa dare un nome alla loro relazione diverso da “amicizia”. Nel frattempo, Ava conosce Edith, sua coetanea, ma, diversamente da lei, “adulta”. Edith sa chi è e cosa vuole. Ha fatto outing a Cambridge, sa di essere lesbica, ha un lavoro ben retribuito, amici, una famiglia rispetto alla quale sola si mostra ancora “figlia”.
È il primo personaggio “maturo” che mi sembra di incontrare in queste storie.
Sul versante italiano, troviamo qualcosa di molto simile in Spatriati di Mario Desiati, vincitore del Premio Strega 2022, romanzo di cui ho parlato già in una precedente intervista reperibile al link A colloquio con Mario Desiati, vincitore del Premio Strega – Ulisse online. Qui il titolo è condizione dell’essere: spatriato è il diverso ma anche quello che non si riconosce in una identità definita. Il rimando ai libri appena citati è evidente. Anche qui, c’è una storia di radici e sradicamenti, di ricerca di identità, che passa anche per quella sessuale: la giovane protagonista, Claudia, lascia la provinciale Puglia per cercare la propria identità prima a Milano e poi all’estero, a Berlino, entrambe città epicentro europeo del fermento economico e culturale di questi anni. Si tratta, come l’ha definita lo stesso Desiati, di una esigenza di emigrazione esistenziale, più urgente di quella economica. Il protagonista maschile Francesco, invece, prova a partire ma poi ritorna, forse riuscendo in parte a risolvere le sue inquietudini.
Se ripenso ai film e ai libri di questi ultimi anni, sarebbero molti quelli che potrei citare che raccontano vite come queste appena descritte. Ovviamente, non credo sia un caso. Le produzioni artistiche attingono sempre dalla realtà che provano a descrivere, fotografandola in immagini o parole.
Classificare queste opere col solo commento “mi è piaciuto”/”non mi è piaciuto”, scandalizzarsi, non permette di conoscere e riflettere su un nuovo spaccato di mondo, quello in cui le relazioni si fanno fluide, i protagonisti sembrano percorrere, come in una giostra, montagne russe che si creano da soli, inesperti e confusi, sperimentano e si comportano un po’ da asso pigliatutto: meglio provare tutto che lasciar andare.
A me sembra che tutto ciò non avrebbe senso se ciascuno non imparasse dalle proprie esperienze. I viaggi geografici ma soprattutto esistenziali potrebbero portare queste vite al largo facendole naufragare oppure al contrario potrebbero insegnare qualcosa, rendendo ciascuno vero artefice del proprio destino. Le nostre vite sono in continua evoluzione e così anche la condizione di inquietudine, di spatriatezza per dirla con Desiati, ha un senso se si evolve. Questo non sempre sembra avvenire in queste storie e, personalmente, mi sembra un limite dovuto a paura o incapacità di passare il guado verso qualcosa di più impegnativo sotto il profilo della stabilità e della definizione di sè. Paura di chiamare le cose con il proprio nome. Il rischio è quello di rimanere imbrigliati in una condizione pseudo adolescienziale in cui “lei bacia lui che bacia lei che bacia me”. Saranno pure “Tempi eccitanti” ma si riesce a creare sul serio un nuovo equilibrio su queste basi?