La Francia ha perso una ulteriore possibilità di riabilitarsi agli occhi del mondo civile non avendo concesso all’Italia la estradizione degli ex terroristi rifugiatisi in quel paese per sfuggire alla giustizia italiana in conseguenza dei vari crimini commessi negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso: martedì 28 marzo la Corte di Cassazione parigina ha nuovamente respinto la richiesta di estradarli.
Il problema dei terroristi italiani rifugiatisi in Francia prima che venissero arrestati qui in Italia è annoso, risale all’anno 1985, all’epoca del Presidente francese François Mitterrand il quale decretò, con la famosa dottrina che prese il suo nome, il divieto di estradizione dei terroristi italiani rifugiati in Francia.
Anche noi di Ulisse abbiamo trattato più volte l’argpmento, le ultime volte nel gennaio 2019 (vedi https://www.ulisseonline.it/opinioni/cesare-battisti-finalmente-catturato/ ) e nel maggio 2021 (vedi https://www.ulisseonline.it/controluce/ombre-rosse-dalla-difesa-ad-oltranza-alla-pietas-dei-familiari-delle-vittime-dei-terroristi/ ).
Pure in precedenza l’Italia non aveva ottenuto nessun risultato alle numerose richieste di estradare i terroristi.
L’unico terrorista che l’Italia riuscì ad arrestare fu Cesare Battisti, terrorista del gruppo “PAC -Proletari Armati per il Comunismo”, che si era macchiato di numerosi reati tra i quali gli omicidi di Santoro e Campagna (per i quali fu condannato a due ergastoli), il concorso negli omicidi Torregiani e Sabbadin (oltre 13 anni), e numerosi altri reati (insurrezione armata, possesso illegale di armi, associazione sovversiva, rapina, evasione).
Un terrorista feroce e spietato che l’Italia riuscì a arrestare in quanto Battisti dalla Francia si era spostato in Bolivia che ne consentì la estradizione.
Per tutti questi anni la Francia si è sempre opposta alla estradizione dei dieci terroristi che ancora ospita, e anche ora ha mantenuto il punto, nonostante Macron abbia mostrato il suo orientamento favorevole a liberarsi del pesante fardello.
Per chi non ha vissuto quegli anni, gli anni di piombo, è come sfogliare un polveroso libro di storia con la lettura di quei nomi e delle sigle sotto cui combattevano le istituzioni dello Stato; gente che uccideva, rapinava, gambizzava.
Sembra roba vecchia, capitoli chiusi, dimenticati.
Il problema è che sotto quella polvere c’era, e c’è ancora, tanto sangue: quello delle vittime dei 10 terroristi e dei loro complici, delle Brigate Rosse, dei Proletari armati per il comunismo; sangue che non si è mai rappreso, dolore dei familiari delle vittime che non si è mai stemperato, perché non c’è mai stato pentimento, non ci sono state scuse, non c’è stato soprattutto l’atto finale, decisivo: la pena scontata come da sentenze dei tribunali, quelli veri, quelli italiani, non quelli del popolo che hanno condannato, senza possibilità di difesa, uomini buoni e giusti come Aldo Moro.
Possiamo anche chiederci che senso abbia questa coda giudiziaria a tanti anni di distanza dai fatti, nei confronti di persone oramai diverse, mature, anziane.
E’ legittimo chiederselo in quanto uno dei connotati della Giustizia” giusta” è infatti la sua tempestività.
Se lo chiedono altri ex, e se lo è chiesto anche la Corte d’appello parigina, la quale in prima istanza ha rigettato la richiesta di estradizione, contro cui ha ricorso la Procura generale davanti alla Corte di Cassazione.
In una certa fase i giudici francesi stabilirono addirittura che rimandare i terroristi in Italia sarebbe stata una sorta di violazione della privacy di questi personaggi, proprio perché ora diversi e inseriti a vario titolo nella società.
Una sorta di coda della dottrina Mitterrand che consentì dai primi anni ‘80 a tanti terroristi italiani di rifugiarsi in Francia in base ad una presunzione di pentimento, e soprattutto a un mai scritto ma sempre sottinteso vizio ideologico che quella dei nostri magistrati verso questi “combattenti” fosse una forma di persecuzione politica.
Pensiero che ha portato tanti “intellettuali” francesi a difendere terroristi e a condannare le nostre sentenze.
Teoria ribaltata da Macron con un’osservazione molto semplice, che cancellerebbe le obiezioni sulla lontananza dei crimini, sul cambiamento dei colpevoli, sulla loro età: essere di fronte a fatti di sangue, proprio il sangue delle vittime che non chiede vendetta, ma esige giustizia, fino ad ora mai compiuta e sempre fuggita dai colpevoli.
Per questo si è sperato che la Cassazione francese decidesse per la loro estradizione: purtroppo non è stato così, la Francia non ha voluto scrivere l’ultimo capitolo, per l’ennesima volta non ha voluto liberarsi di quell’oneroso fardello.
Ma chi sono i terroristi italiani ancora in Francia?
Il primo è Giorgio Pietrostefani, fondatore di “Lotta continua”, considerato il mandante dell’omicidio Calabresi.
Pietrostefani ha quasi 80 anni, il commissario Luigi Calabresi, ammazzato a 35 anni sotto casa il 17 maggio 1972, ne avrebbe compiuti 86 a novembre, se la sua vita non fosse stata negata dai colpi di un commando di killer rossi del quale, secondo la giustizia italiana, uno dei mandanti fu lo stesso Pietrostefani.
L’ex leader di Lotta Continua Adriano Sofri ha detto che Pietrostefani ha condotto in Francia la vita discreta di un vecchio uomo e nonno, e ha avuto anche un trapianto di fegato.
Mario Calabresi, giornalista e figlio del Commissario, è intervenuto lo scorso anno al momento del precedente rifiuto dell’estradizione: «Se i giudici francesi avessero detto che Giorgio Pietrostefani non è compatibile col carcere perché anziano e malato avrei compreso e rispettato. Ma la motivazione usata è ridicola perché falsa: lui non è stato giudicato in contumacia, ma ha sempre partecipato a tutti i processi. Nella vita si può cambiare, queste persone lo avranno certamente fatto, e così si può diventare degli ex terroristi, ma non si può pensare che il tempo possa cancellare la responsabilità o la colpa di aver tolto la vita ad un altro uomo».
Militava in Autonomia Operaia, Raffaele Ventura, 71enne, condannato a 20 anni per concorso morale nell’omicidio a Milano del vicebrigadiere Antonio Custra.
Luigi Bergamin, classe 1948, è un ex militante dei “PAC – Proletari armati per il comunismo”. Deve scontare una condanna a 25 anni per associazione sovversiva, banda armata e concorso in omicidio.
Narciso Manenti, nato nel 1957, è un ex membro dei “Nuclei Armati del Contropotere Territoriale”. Deve scontrare una condanna all’ergastolo per l’omicidio aggravato dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979.
Gli ex militanti delle “Brigate rosse” sono sei.
Giovanni Alimonti, 68 anni, è accusato del tentato omicidio di un vicedirigente della Digos. Deve scontare 11 anni per banda armata e associazione terroristica. Ha lavorato come cameriere in un ristorante di Parigi, e ha fatto anche il traduttore.
Roberta Cappelli, anche lei 68.enne, ha una condanna all’ergastolo per associazione con finalità di terrorismo, concorso in rapina aggravata, concorso in omicidio aggravato, attentato all’incolumità. In Francia ha fatto l’insegnante di sostegno per i bambini disabili.
Marina Petrella ha ora 69 anni ed è stata condannata per l’omicidio del generale Galvaligi. Lavora per un’associazione che si occupa di problematiche legate agli anziani. Sposata con il brigatista Luigi Novelli, ha avuto una figlia in carcere in Italia e una seconda da una nuova unione dopo essere fuggita in Francia. La figlia maggiore ha chiesto l’amnistia per la madre. Nel 2008 Nicolas Sarkozy fermò la sua estradizione in Italia per ragioni umanitarie.
Il 65enne Sergio Tornaghi è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della Ercole Marelli.
Il 63enne Maurizio Di Marzio deve scontare 5 anni per tentato sequestro dell’ex dirigente della Digos di Roma, Nicola Simone, e il suo nome è legato anche all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981.
Enzo Calvitti ha ora 68 anni e deve scontare 18 anni, 7 mesi e 25 giorni e 4 anni di libertà vigilata per i reati di associazione sovversiva, banda armata, associazione con finalità di terrorismo, ricettazione di armi.
E’ certo che la vicenda non si chiuderà qui, perché in Italia rimane la volontà di far estradare questi terroristi, e vedremo in una fase successiva se la Francia cambierà opinione.