I paleontologi, fino agli inizi degli anni ’80, erano concordi sul fatto che durante il giurassico – l’era in cui i dinosauri conobbero la loro massima espansione sulla Terra – l’Italia non esistesse o, per meglio dire, fosse sotto il livello del mare.
In questa lontana epoca – tra i 170 ed i 150 milioni di anni fa – la Pangea, il super continente, aveva smesso di esistere; la lacerazione al centro della stessa provocò la graduale formazione di nuovi continenti: l’Eurasia e l’Africa.
Tra i due super continenti si formò l’oceano Ligure-Piemontese, le cui acque bagnavano l’Eurasia sulla sponda settentrionale – da cui si formeranno Sardegna e Corsica – e l’Africa su quella meridionale – da cui si nasceranno gran parte dei futuri territori italiani.
In un tale quadro geologico, la penisola italiana – come la conosciamo oggi – non esisteva ed è per questo che fino a quarant’anni fa non si sospettava di poter rinvenire i resti di dinosauri.
Lo scenario cambiò quando nel 1981, ad opera di un paleontologo dilettante, Giovanni Todesco, presso la località fossilifera di Pietraroja (BN), vennero scoperti i resti di un piccolo dinosauro di appena 50 centimetri. Si tratta di un cucciolo di Scipionyx samniticus, un teropode vissuto nel giurassico.
I teropodi – nella classificazione scientifica – sono dinosauri che presentano caratteristiche molto simili a quelle degli uccelli attuali, compreso un vaporoso piumaggio.
Ciro, così soprannominato, era dotato di artigli, una lunga coda e grande rapidità. Era un predatore di piccoli animali e ciò è confermato dalla straordinaria conservazione di alcuni organi interni; infatti, nello stomaco furono ritrovati i fossili di squame ed ossa del suo ultimo pasto.
Attualmente Ciro non è ammirabile presso il museo archeologico di Benevento, poiché sarà esposto presso il “Dinosaur expo 2023” a Tokyo fino a maggio. Insomma, una vera star internazionale.
A seguito del rinvenimento di Ciro, decenni dopo sono stati ritrovati altri scheletri di dinosauri italiani come il Saltriovenator nel 1996 nel Varese – un carnivoro di quasi 8 metri di lunghezza – ed il Tethyshadros a Trieste nel 2009, un erbivoro dal becco d’anatra di 1,30 metri.