A colloquio con Daniele Petraglia: un cavese in Giappone
La prima differenza è che l’Italia è sempre stata una terra dove diversi popoli hanno convissuto, mentre il Giappone è quasi sempre stato
Daniele Petraglia, 29 anni, diplomato al liceo scientifico “A. Genoino”, laureatosi presso l’“Orientale” di Napoli in lingue, lettere e culture comparate con specializzazione in inglese e giapponese, si trasferisce all’età di 24 anni in Giappone e comincia a lavorare per una catena di hotel del posto. Occupa la posizione di receptionist dal 2018 al 2021, anno in cui comincia ad occuparsi di e-commerce. Ad oggi lavora nel team grafico del sito.
Come mai proprio il Giappone?
Si tratta di una passione nata da bambino grazie a cartoni animati iconici come Dragon Ball e Ranma. Crescendo mi sono incuriosito sempre di più alla cultura giapponese, in particolare alla sua storia e alla sua cucina. Si potrebbe parlare di doppia “esse”: Samurai e Sushi. Sebbene il giapponese sia una lingua difficilissima, l’ho amata sin da subito. Così la curiosità verso questo Paese è diventata sempre più grande, al punto di decidere di partire e venire a vivere qui.
È vero che gli italiani godono di buona reputazione lì?
Generalmente hanno una visione molto stereotipata dell’italiano. Questo è dovuto principalmente ad un personaggio famoso e che ha fatto fortuna qui in Giappone: Girolamo Panzetta. Questi incorporava il luogo comune dell’italiano latin lover e sempre scherzoso. Per molti giapponesi siamo persone solari, gentilissime ma anche poco serie. Per fortuna, col tempo, si rendono conto che non è sempre così. Comunque, alla parola “italiano” sono spessissimo associati i nostri brand di eccellenza.
Del tipo?
Ferrari e Lamborghini per il settore automobilistico. Anche i brand di abbigliamento sono molto apprezzati, ad esempio, Armani o Dolce & Gabbana.
Quali sono le differenze tra Giappone ed Italia?
La prima differenza è che l’Italia è sempre stata una terra dove diversi popoli hanno convissuto, mentre il Giappone è quasi sempre stato chiuso con l’estero. Ciò è correlato al fatto che solo negli ultimi due secoli e mezzo c’è stata un’apertura commerciale con l’occidente. Il risultato è quello di una popolazione molto omogenea sia fisicamente, che culturalmente. L’opposto dell’Italia.
Inoltre, noi italiani tendiamo ad essere più calorosi ed espansivi. I Giapponesi sono più riservati. Ad esempio, vedere una coppia baciarsi in pubblico è un evento più unico che raro.
Potresti definire meglio il concetto di “omogeneità culturale”?
Tradizioni custodite gelosamente, un forte senso patriottico ed una fiducia reciproca ai limiti dell’assurdo. Si può lasciare la borsa incustodita sul tavolo ed andare a fare la fila: nel 99% dei casi nessuno la toccherà.
Quali sono i pro e i contro del Giappone?
Questa domanda si intreccia con la precedente. Sicuramente tra i pro ci sono l’ordine, la pulizia, la microcriminalità quasi assente, la puntualità dei mezzi pubblici, servizi efficienti, paesaggi e tradizioni molto affascinanti. I Giapponesi, inoltre, sono molto gentili e rispettosi.
I contro sono l’esasperazione per il lavoro, un’abnegazione talmente forte che porta i giapponesi a trascurare la famiglia e sé stessi. Il termine “karoshi” significa “morte per il troppo lavoro”, per l’appunto. Difficilmente chiedono le ferie per timore di scaricare il lavoro sulle spalle degli altri.
Esiste quindi una certa chiusura mentale?
Assolutamente sì. Stando alla mia esperienza lavorativa, la proposta di passare da un metodo obsoleto ad un altro migliore viene accolta con molta difficoltà. Basti sapere che le parole “strano” e “cambiare” abbiano un ideogramma in comune, ciò fa pensare che esista una paura del cambiamento. Specifico che questa è una mia opinione.
Nel tuo bagaglio di esperienze lavorative in Giappone c’è anche quella di aver insegnato l’italiano. Il bullismo è una piaga come in occidente?
Sfortunatamente ho insegnato per soli 2 mesi ed in una scuola privata, quindi non ho conoscenza diretta del fenomeno. Per quello che so, esiste un forte senso di inadeguatezza nei ragazzi e ciò li fa sentire diversi e quindi vittime. Il problema del disagio sociale è diffuso nei giovani, ciò non solo li espone al bullismo ma subire violenze alimenta l’asocialità stessa. Una cosa è certa: le scuole sono molto severe nei confronti di episodi di bullismo, il rischio di espulsione è alto. E qui in Giappone è una cosa che rischia di compromettere la carriera scolastica ma anche lavorativa.
Tu vivi a Kyoto. Con le dovute proporzioni, Cava potrebbe prestare qualcosa a Kyoto e viceversa?
Intanto entrambe sorgono in una vallata ed entrambe sono ricche di storia. Sicuramente Cava potrebbe prestare un po’ dei suoi cittadini – decisamente più amichevoli degli abitanti di Kyoto – nonché il suo clima più mite, poiché qui gli inverni sono molto rigidi e le estati invivibili per il caldo.
D’altra parte, Kyoto potrebbe prestare la sua atmosfera mistica, dove cultura e tradizione sono decisamente più tangibili. Oltre questo, le strade ben asfaltate ed un traffico più scorrevole.