Mercoledì 28 dicembre, nella Sala del Cenacolo del Convento di San Francesco e Sant’Antonio, l’Associazione dei Giornalisti Cava – Costa d’Amalfi ha ospitato Padre Enzo Fortunato, il quale ha presentato in anteprima il suo ultimo libro “Una gioia mai provata”.
Con l’occasione Padre Enzo è anche diventato Socio onorario dell’Associazione metelliana.
Padre Enzo Fortunato è uno dei volti più noti del mondo religioso, il frate influencer, un personaggio di successo che vanta un numero incredibile di seguaci sui social.
Il religioso è stato protagonista anche in televisione e in radio, e il suo impegno sui social ha portato a una grande visibilità della Chiesa francescana.
Il frate, venerdì 10 giugno è andato in onda in prima serata su Rai 1, con la trasmissione “Con il cuore nel nome di Francesco”, il concerto in diretta da Assisi volto a raccogliere fondi in aiuto dei più bisognosi, con diversi ospiti di riguardo come Malika Ayane, Francesco Gabbani e Raoul Bova.
Andiamo a conoscere meglio il sacerdote.
Padre Enzo Fortunato è originario di Scala, vicino Ravello, e ha ricoperto per 25 anni il ruolo di direttore della sala stampa e portavoce del convento di Assisi e si è occupato di dirigere il mensile San Francesco Patrono d’Italia, che sotto la sua guida ha triplicato il numero di copie vendute, arrivando a una diffusione globale.
E’ divenuto un volto noto dello spettacolo, partecipando spesso a diverse trasmissioni su Rai Uno e su Rai Radio Uno.
E’ stato ospite numerose volte dell’Assostampa cavese, della quale ora è divenuto Socio onorario.
Prima di vestire l’abito religioso, Enzo ha lavorato da giovane come cameriere e per lui i genitori avevano pensato a un futuro nella ristorazione, ma Fortunato ha poi ricevuto la chiamata del Signore, cui ha deciso di consacrare la sua vita: oggi è un religioso mediaticamente molto noto.
Il libro “Una gioia mai provata” (edizioni San Paolo) racconta la nascita del primo presepe.
La presentazione del libro, che è al primo posto nella classifica tra i best seller della fede stilata da Avvenire, ha visto un parterre di tutto rispetto: il sindaco Vincenzo Servalli, che ha aperto la serata con i saluti istituzionali, poi l’Arcivescovo della Diocesi Amalfi-Cava Mons. Orazio Soricelli e Fra Pietro Anastasio, padre guardiano del convento di San Francesco e Sant’Antonio.
Alla cerimonia hanno partecipato Francesco Romanelli, Presidente dell’Associazione Giornalisti di Cava e Costa d’Amalfi” Lucio Barone”, Enrico Passaro, Capo Ufficio Vicario dell’ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ha condotto la serata il Prof. Franco Bruno Vitolo.
Padre Enzo, nel suo libro ha ripercorso la storia della nascita del presepe 800 anni fa, esattamente quando vide la luce in una grotta di Greccio grazie a San Francesco, nel 1223.
Sono trascorsi ottocento anni e ancora oggi quel presepe continua a rivivere nelle case di uomini e donne che, seppure sempre di corsa, si inchinano davanti al mistero della vita che nasce e si rinnova ogni anno.
Ritrovarsi nel volto di Giuseppe, Maria, il bambino Gesù, i Magi e i pastori, significa ritrovare una nuova umanità che ogni giorno si dispiega e si svela e soprattutto ci ricorda gli ultimi, i dimenticati, gli afflitti, i sofferenti che solo nella Provvidenza divina possono trovare un senso alla loro vita.
Perché proprio a Cava la presentazione del libro di Padre Enzo Fortunato? Perché qui si trova un presepe di antichissime origini.
L’arrivo dei francescani nella città metelliana si fa risalire al 24 febbraio 1501: i seguaci del poverello di Assisi decisero di allestire il primo presepe proprio davanti alla Sacrestia nella zona chiamata Cappella del Santo Presepe. Questa tradizione si è portata avanti nel tempo ingrandendosi sempre di più fino ai principi del 900 quando il presepio si allestiva nella navata destra della chiesa.
La storia ci racconta che quel presepe contava mille personaggi tra pastori e animali risalenti al settecento e ottocento. Tra le statuine ce ne erano alcune dello scultore cavese Alfonso Balzico.
Col terremoto del 23 Novembre 1980 la chiesa di San Francesco andò distrutta e anche il presepe, allestito sotto la navata di sinistra, venne danneggiato notevolmente; per fortuna buona parte dei pastori fu salvata e recuperata grazie alla tenacia dei frati minori e di alcuni cavesi quali il maestro ceramista Alberto Bucciarelli ed alcuni esperti dell’arte presepiale tra cui Pasquale Milite.
Col tempo il presepe del Convento di San Francesco ha ripreso nuova linfa e ancora oggi costituisce una grande attrattiva per tanti forestieri che, dai primi di novembre fino alla fine di gennaio, si recano qui per visitarlo.
Allestito in un’ala del convento al piano terra, copre una superficie di mille metri ed è una fedele riproduzione del presepe settecentesco napoletano con le sue particolari ambientazioni, con la riproduzione della natività, la vivace gestualità dei personaggi intenti nelle loro abituali occupazioni, con gli elementi decorativi curati nei minimi particolari; insomma si coglie quel microcosmo della società napoletana unica e molteplice nel suo genere e, perché no, contaminata da etnie e culture che già all’epoca influenzavano mode e stili oltre che usi e costumi.
La fantasia dei maestri presepiali napoletani trova qui ampio sfoggio nello stile opulento orientale che si esprime negli abiti, nelle stoffe damascate, impreziosite da gioielli, smeraldi, bottoni di corallo, negli inserti di raso e velluto, nella particolarità delle armi e degli strumenti musicali, nella ricchezza degli ambienti sapientemente riprodotti, nella rappresentazione di alcuni personaggi tipici del presepio del settecento.
Questi, gli elementi di maggiore pregio del presepe di San Francesco in cui non è difficile scorgere un dualismo che è sempre esistito: la coabitazione di pastori e villici, borghesi e suonatori, mori e levantini che non è solo l’immagine di un tempo passato, mai tramontato, ma è soprattutto segno dei tempi dove una possibile convivenza tra vecchio e nuovo, tra occidente ed oriente, oggi è sempre più auspicata.
Il mistero del Natale, testimonianza autentica della potenza dell’incarnazione che resiste al tempo e permane nonostante tutte le possibili banalizzazioni o distorsioni, quello per cui San Francesco lodava le meraviglie del creato, non conoscerà mai limiti, perché una quotidiana comunicazione con il Salvatore ci riconcilia con le nostre fragilità e ci orienta sempre nella direzione della speranza.
30.12.2022 – Ritengo doveroso precisare che una parte del testo del mio articolo è stato ricavato dal comunicato stampa che il Presidente di Assostampa metelliana, Dott. Franco Romanelli, mi ha trasmesso; ho poi appreso che lo stesso testo è stato anche pubblicato dalla Collega Emiliana Senatore su Mediavox Magazine in data 29.12.2022.