LIBRI & LIBRI Tutta una vita: storia di una madre
LIBRI & LIBRI Tutta una vita: storia di una madre
Le madri possono avere debolezze, possono avere anche loro bisogno dell’aiuto e del sostegno dei figli ma quella del libro di Giovanni De Stefano, “Tutta una vita” (Istituto Culturale Mezzogiorno Editore, pagg. 194, €.14,90), è una donna silenziosa che soffre a causa dell’abbandono di suo marito.
La protagonista è una sognatrice, bruna, sensibile, e non importa che il suo terzogenito sia nato «dal peccato»: per lui -come per gli altri due- farebbe e fa di tutto, anche sacrificare la propria vita, dopo avergliela data una volta.
Alla narrazione dell’esistenza della protagonista di questo libro quasi autobiografico fanno da contrappunto le molte vicende del Paese che Norma, questo il nome della donna, segue con mite interesse poiché la sua massima attenzione è sempre rivolta verso i suoi tre figli, proteggendoli, dando loro una grande lezione di vita quando, nonostante tutta la situazione di grave indigenza familiare, dovrà soccombere suo malgrado all’ospitalità di una zia madre-padrona tuttavia di grande generosità. Quindi Norma non appare una donna coraggiosa e vitale nondimeno farà prevalere la tolleranza su quello dell’essere madre e -soprattutto- moglie, di cui è stata precocemente e violentemente privata.
Malgrado l’estrema condizione di indigenza in cui vive ella conserva una latente dolcezza, spesso eccessiva, soprattutto nei confronti dei propri figli, pur talvolta con sprazzi di severità ma anche di affetto che emergono nei momenti più fragili: quelli in cui si mostra capace di gioire per i loro successi e di stargli vicino ad ogni costo, augurandogli una vita migliore di quella a cui lei stessa è stata destinata. E allora non perdendo mai la tenerezza, la madre si mostra capace di appoggiare i suoi pargoli senza soffocarli e senza chiudere gli occhi di fronte ai loro errori: vera dimostrazione di chi vuole che la prole diventi la migliore versione di se stessi.
Un buon tentativo autobiografico, quello dell’autore (ex-vice questore della polizia), di affrontare i diversi modi in cui la sua protagonista affronta l’essere madre, con tutte le ombre e le luci, i pregi e i difetti che ogni donna si porta dietro e inevitabilmente riversa sui figli. Frammenti di vita che commuovono, a volte indignano, il più delle volte creano empatia con Norma che scardina, uno dopo l’altro, i pregiudizi costruiti intorno al concetto stesso dell’essere madre. A volte protagonista, altre volte personaggio secondario, altre ancora comparsa di passaggio: qualunque ruolo ricopra, in un libro come nella vita, la madre di De Stefano ha una certa importanza. La sua presenza – o la sua assenza – incide in modo significativo l’esistenza dei figli, tanto che queste figure molto spesso diventano centro di narrazioni letterarie e non solo.
Norma riveste un ruolo fondamentale poiché, in assenza del marito, deve gestire da sola l’intera famiglia, diventando l’unico riferimento per i suoi tre figli. Indecisa, dolce, fragile, non certo coraggiosa, tuttavia si carica sulle spalle il ruolo di capofamiglia, che incarna in sé uno dei valori più importanti dell’essere genitore: lasciare liberi i propri figli.
La storia di Norma tocca il cuore con una profondità a cui si è poco abituati: lei è una madre, – figura importantissima nella vita dell’autore – e le tocca uno dei drammi più incomprensibili, la perdita della felicità matrimoniale, mentre sta rincorrendo la favola dell’amore eterno. Conosce altri uomini, spiantati e sfruttatori, ed il lettore partecipa ad un colorato e addolorato gineceo in cui i personaggi si raccontano, si parlano e non si prendono cura gli uni dell’altra. Il viaggio esistenziale di Norma è difficile, il tuffo nel passato risulta complesso e doloroso, nonostante le risate assieme alle amiche, nonostante la nuova vita con la zia; si instaura così un equilibrio tra la gioia e il dolore, tra lo strazio e la forza, tipica delle donne abbandonate che sanno rialzarsi anche dopo i drammi più insopportabili.
Il dolore c’è, esiste e sempre sarà presente nel suo cuore; la mancanza per quel marito che voleva conoscere la sua storia per “vedersi” a figura intera e non a metà, e per vivere “tutta una vita” assieme, è un peso che porta e porterà sempre nel cuore ma la maternità è un modo per sentire meno la solitudine e sentirsi così parte di qualcosa. Leggendo il libro si resta coinvolti in un racconto collettivo il cui centro è Norma, una pianista sensibile ai propri sogni di gioventù, artista vissuta -forse troppo- nel mondo ovattato riservato ai figli unici.
Le lacrime della disperazione è il poema anche di donne, fantasmi allo sbando, ombre avvizzite, che mancano, del loro egoismo; è il canto della solitudine e del lutto, della gentilezza che non chiede nulla in cambio, dell’abnegazione femminile – che si traduce in una sorta di maternità insita quasi nell’essere donna ma che non le ghettizza nell’essere solo madri – e della distruzione.
La protagonista del libro di De Stefano si accomuna a tante madri, universi multisfaccettati, multistrato, mix di caratteri, che porta chi guarda nella storia di Norma e delle altre, appassionate e strazianti nella loro intensa umanità.