scritto da Nino Maiorino - 12 Settembre 2022 18:40

Il caso Giuliani

immagine tratta dal profilo FB

Del caso di Carlo Giuliani abbiamo più volte parlato, e non solo su questo giornale, a partire dal drammatico incidente che lo coinvolse durante il G8 del 2001 a Genova.

Aveva solo 23 anni, era, a suo modo, un idealista, certamente poco maturo, che si era messo in testa di combattere lo Stato con la violenza, probabilmente fomentato dal contesto nel quale viveva.

C’erano precedenti penali a suo carico, poche cose, legati al consumo di droghe, per il quale aveva praticato una terapia riabilitativa, nel 1999 era stato sottoposto a procedimento penale per traffico di stupefacenti, poi archiviato, il telefono di casa era sotto controllo.

Per un periodo era stato iscritto a Rifondazione Comunista, aveva un rapporto non idilliaco con i genitori, qualche settimana prima della sua morte si era iscritto come volontario all’ “ANLAIDS – Associazione Nazionale per la lotta all’Aids”.

Quindi era a suo modo un idealista, alla ricerca di una strada per rendersi utile alla comunità, probabilmente difficile da trovare anche per il rapporto non facile con i genitori, specialmente con il padre Giuliano.

Il 19, 20 e 21 luglio 2001 a Genova si tenne il convegno internazionale G8, circostanza che, come tante altre analoghe, richiamano folle di oppositori, e sono anche occasioni di partecipazioni di infiltrati, tipo “Black Bloc” il cui unico scopo è di creare subbugli, violenze, incidenti anche gravi che portano alla morte, come in questo caso.

Il venerdì 20 luglio in Piazza Alimonda nel pomeriggio ci fu un grande assembramento di manifestanti violenti particolarmente aggressivi, incappucciati e mascherati (tra i quali i “Black Block” provenienti da ambienti anarchici italiani e stranieri), che si erano lì concentrati fin dal mattino e che ebbero numerosi scontri con gli agenti delle FF. OO.

I manifestanti appartenevano a diverse altre organizzazioni: rappresentanti del movimento “no global”, dei centri sociali, dei giovani comunisti del Partito Rifondazione Comunista; tutti avrebbero poi dichiarato che credevano nella contestazione non violenta (disobbedienza civile), ma avevano annunciato un obiettivo politico: tentare di valicare il confine della zona rossa, vale a dire la zona invalicabile che ospitava il convegno.

Ma tutti i manifestanti, pacifici e non, furono mal contrastati dalle pure ingenti forze dell’ordine, Carabinieri e Poliziotti.

In Piazza Alimonda c’erano due Defender dei Carabinieri, uno dei quali, poco prima dell’uccisione di Carlo Giuliani, era riuscito ad allontanarsi, ma l’altro, con a bordo tre carabinieri, Filippo Cavataio, il conducente, Mario Placanica e Dario Raffone, venne bloccato da un bidone della spazzatura capovolto e si trovò circondato dai manifestanti più violenti: tra essi c’era  anche Giuliani il quale, emulando un’altra azione analoga, armato di un grosso estintore, infranse il vetro di una delle porte posteriori del mezzo, all’interno del quale si trovavano i tre Carabinieri; il ventenne Mario Placanica, già ferito alla testa, che era nel vano posteriore, si vide perduto, anche perché si erano intraviste bombe molotov, e sparò due colpi con l’arma in dotazione, uno dei quali attraversò la portiera e colpì Carlo Giuliani sotto l’occhio sinistro: il giovane sembra sia morto all’istante, anche se qualcuno sostiene che sia deceduto dopo essere stato per due volte schiacciato dal Defender, che tentava di liberarsi dall’accerchiamento e non riusciva a vedere a terra il corpo del giovane.

Non è mai stato accertato se il colpo di pistola che ammazzò Giuliani venne sparato direttamente al giovane, oppure fosse stato deviato; le analisi balistiche non hanno approdato a nulla se non che solo una parte del proiettile fosse rimasto all’interno della testa, il che avvalorerebbe la seconda ipotesi.

Venne aperto un procedimento penale con l’ipotesi di omicidio colposo, ma nel 2003 Mario Placanica venne prosciolto per uso legittimo di armi e per legittima difesa. Ciononostante l’Arma lo abbandonò a se stesso.

Per quanto riguarda l’investimento invece, fu giustificato dal tentativo delle forze dell’ordine di scappare per mettersi in salvo, comunque il corpo del giovane Giuliani venne martoriato.

Dopo il drammatico episodio gli agenti riuscirono a sgomberare la piazza, e questo consentì alle ambulanze di soccorrere i feriti; un medico, tolto il passamontagna, accertò che Carlo Giuliani era già morto.

E’ stato appurato che le forze dell’ordine non diedero il meglio di sé ai fini della coordinazione del contrasto alle violenze; il padre di Carlo Giuliani ha sostenuto che a poche decine di metri di distanza c’era un consistente concentramento di agenti che avrebbero potuto intervenire a difesa del Defender, ma non lo fecero e questo avrebbe causato l’incidente.

I riscontri processuali sembrano avergli dato ragione, ma è notorio che la verità giudiziaria è spesso su un piano ben diverso da quella reale.

Quel G8 fu una delle tragedie del nostro paese, perché fu seguito, alla fine, anche dalle violenze dei poliziotti i quali, nel mentre in piazza avevano subito violenza da parte dei manifestanti, scaricarono la loro rabbia su un gruppo di giovani pacifici che erano stati ospitati nella Scuola Diaz, ora Liceo Sandro Pertini a meno di due chilometri da Piazza Alimonda: ma questo sarebbe capitato il giorno successivo, dopo la conclusione del G8, una vera e propria vendetta dei poliziotti, e anche di alcuni carabinieri.

Ma per questo ci furono processi a parte a carico degli agenti.

Il 2 agosto 2001 i presidenti del Senato e della Camera decisero che un’indagine conoscitiva sui fatti avvenuti in occasione del G8 di Genova sarebbe stata condotta dalle commissioni per gli affari costituzionali delle due camere del Parlamento.

Fu creata una commissione parlamentare composta da diciotto deputati e diciotto senatori. La stessa accertò che nelle strade c’era un contingente rafforzato di poliziotti e carabinieri di oltre 18 mila unità, con centinaia di mezzi blindati e mezzi speciali; in sostanza c’erano forze a attrezzature tali da poter ben contenere la violenza.

Evidentemente, a causa dell’inefficiente coordinamento successe quel parapiglia, il morto, i feriti, e le violenze nella Scuola Diaz.

La Commissione procedette con celerità, perché il 20 settembre 2001 depositò un rapporto nel quale sono esposte le modalità di organizzazione del G8 di Genova, il contesto politico e di protesta che aveva caratterizzato l’incontro comparato con eventi  simili nel mondo, inumerosi contatti che si erano avuti in precedenza tra i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni che facevano parte del Genoa Social Forum al fine di evitare problemi di ordine pubblico e di preparare l’accoglienza dei manifestanti.

Malgrado ciò, il movimento di protesta non era riuscito a isolare gli elementi violenti, circa 10.000 persone: nelle tre giornate del G8 c’erano state in piazza circa 100 mila persone.

Per quanto riguarda specificamente la morte di Carlo Giuliani, la commissione osservò che il carabiniere aveva esploso il colpo mortale mentre la vittima si apprestava a lanciare verso di lui un estintore; il carabiniere era stato precedentemente colpito alla testa da un altro manifestante.

L’investimento del corpo del Giuliani fu giustificato come tentativo del Defender di scappare per mettersi in salvo, ma nel 2009, la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò lo Stato italiano a risarcire la famiglia della vittima con una somma di 40mila euro, in quanto per la morte del giovane non erano state condotte le necessarie indagini: di ciò fu complice, certamente involontaria, anche la famiglia giacché, dopo l’autopsia, autorizzò subito la cremazione del cadavere, cosa che impedì eventuali analisi mediche successive che sarebbero state certamente utili per meglio chiarire le circostanze.

Nel caos generale capitò pure che alcuni  cortei autorizzati venissero poi attaccati dagli agenti, ulteriore prova della carenza dei coordinamenti tra Prefettura e agenti.

Col processo di appello, in data 9 ottobre 2009 la Corte confermò in parte le condanne pronunciate dal tribunale, aumentò alcune pene e dichiarò che alcuni reati erano prescritti.

Nel 2009 la famiglia Giuliani ricorse alla Corte di giustizia europea dei diritti umani di Strasburgo, la quale nel 2011 assolse l’Italia, sia pure a maggioranza (quattro giudici si dissociarono a vario titolo), stabilendo che non era stata violata la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: secondo il “Comitato piazza Carlo Giuliani”, una Onlus dedicata al giovane, Carlo Giuliani avrebbe afferrato l’estintore dopo aver visto le forze dell’ordine puntare la pistola sui manifestanti.

Ora sembra che la famiglia abbia nuovi elementi per far riaprire le indagini.

Concludiamo per chiarire che nessun ufficio o locale del nostro Parlamento è stato dedicato a Carlo Giuliani, è una notizia priva di fondamento legata ad una proposta che all’epoca Rifondazione Comunista fece e sulla quale vi fu anche un intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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