“Di continuo produciamo passato. Siamo fabbriche di passato. Macchine viventi di passato, cos’altro ? Mangiamo tempo e produciamo passato. Nemmeno la morte è una soluzione. L’uomo se ne è andato, ma il suo passato è rimasto. Dove va tutto questo passato personale? Lo compra qualcuno, lo conserva, lo butta via? O si trascina, come un giornale vecchio, sbatacchiato dal vento sulla strada. Dove vanno a finire tutte quelle storie cominciate e non finite, quelle relazioni interrotte, che ancora sanguinano, tutti gli amanti piantati e tagliati via (…)”
Per molti anni, almeno dieci, ho annotato su un’agenda (che poi sono diventate due, tre…) quello che mi accadeva. Era ciò che comunemente viene chiamato “diario personale”.
Durante quegli anni, intensi della mia adolescenza, avevo la sensazione che le cose fossero accadute solo se ne fosse rimasta traccia su quelle pagine. Ogni tanto le andavo a rileggere, come per essere sicuro che fossero successe davvero. Ritrovarle mi rasserenava, era come passare una visita nella mia “clinica del passato” .
Fino a quando ho percepito il timore che quelle cose le facessi accadere solo per poterle scrivere. Il racconto della vita, la sua narrazione, addolcita, irrigidita o immalinconita a seconda dei casi, rischiava di divenire più importante della vita stessa.
Era in nuce già il dramma dell’aspirante scrittore o era il sintomo di una imperdonabile sfiducia nei confronti del tempo? Meglio ancora: del futuro?
C’è sempre un tempo in cui, perdendo la memoria, vorremmo ritornare.
L’anno in cui eravamo giovani, felici, o almeno pensiamo di esserlo stati.
In questa stanza dei ricordi, dove nessuno invecchia davvero, in questo cronorifugio, nei nostri momenti più bui, andremmo a rintanarci.
Lo scrittore bulgaro Georgi Gospodinov, nel 2020, ha scritto uno dei libri più belli degli ultimi anni. Cronorifugio, appunto.
Tradotto in Italia da Voland è stato candidato al “Premio Strega europeo” 2021.
In Italia Gospodinov è poco noto, ma in patria è considerato il più talentuoso scrittore bulgaro.
Voland ha pubblicato anche gli altri suoi libri; la raccolta di racconti “…e altre storie” (2008) e il romanzo “Fisica della malinconia” (2013), con il quale nel 2014 era già stato finalista del “Premio Strega Europeo”.
Come gran parte dei suoi scritti anche “Cronorifugio” è un testo incredibilmente profetico, a suo modo poetico, dove il passato, illusorio e disastroso, torna.
Portando con sé un carico di ambizioni e promesse, addii e profumi.
E naturalmente immagini: “Avevo forse 3 anni. Alto come le rose nel giardino, me ne sto scalzo sulla terra calda, tengo per mano la mamma e osservo a lungo una rosa da molto vicino (…)”
Un’invasione contagiosa e inarrestabile, perché “il passato si differenzia dal presente per una cosa essenziale: non scorre mai in un’unica direzione”.
In tempi banalmente dolorosi, lunga vita ai geniali visionari.
(p.s.: dal momento in cui smisi di scrivere il mio diario, non l’ho mai più riletto).