scritto da Nino Maiorino - 18 Marzo 2022 10:00

Storiacce: Kalinka, 14 anni, violentata e uccisa

Fino a quanto un padre può aspettare che la “Giustizia” segua il suo corso per rendere giustizia alla sua bambina violentata e uccisa?

 

Un’altra brutta storia ai danni di una quattordicenne, poco più di una bambina anche se molto matura, Kalinka Bamberski violentata e uccisa nel 1982 in Germania.

Partiamo dalla fine della storia: domenica 18 ottobre 2009 a pochi passi dalla Procura, c’è un uomo incatenato a un cancello, imbavagliato, con mani e piedi legati, e ferito alla testa.

Il telefono della Polizia di Mulhuose squilla e all’altro capo del filo un uomo con accento russo avverte che in Rue des Tilleus c’è un delinquente ricercato, e subito riaggancia.

Ventisette anni prima, la mattina di sabato 10 luglio 1982, un altro telefono squilla; è quello di André Bamberski  che è nella sua casa di Pechbusque , delizioso villaggio in cima a una collina dalla quale si vede Tolosa, con la sua nuova compagna, Christiane.

Kalinka, è il nome di un fiore selvatico che cresce nelle foreste della Mazuria, in Polonia, terra originaria dei Bamberski, sopravvissuti ai campi di concentramento e fuggiti in Francia dopo la guerra. I due figli sono nati a Casablanca dove la famiglia si era trasferita per lavoro.

Ma è proprio a Casablanca hanno incontrato l’uomo che avrebbe rovinato la loro vita.

Nel 1975 Andrè si era separato dalla moglie Danièle Gonnin, dalla quale aveva avuto due figli, Kalinka, 14 anni, e Nicolas, 11, i quali stanno ora trascorrendo le vacanze con la madre a Lindau, sulla riva tedesca del Lago di Costanza, ospiti del compagno di lei, Dieter Kombrach, cardiologo molto apprezzato nella zona.

Quando André Bamberski solleva la cornetta capisce subito che è successo qualcosa di irreparabile; la voce di Danièle è rotta dai singhiozzi mentre gli dice che Kalinka è morta, l’hanno trovata senza vita nel suo letto, senza nessuna ragione apparente.

Cosa è accaduto?

Abbiamo anticipato che la famiglia Bamberski aveva conosciuto a Casablanca Dieter Krombach, che lavorava come medico al Consolato tedesco.

Dieter è vedovo, alto, attraente, elegante; le famiglie vivono a pochi isolati di distanza, i figli frequentano la stessa scuola.

Le famiglie si frequentano e Dieter si invaghisce di Danièle, che lo ricambia. Dopo qualche tempo Danièle lo segue in Germania e lascia il marito e i due figli in Francia.

Pian piano la famiglia Bamberski trova un nuovo equilibrio, soprattutto per merito di Melinka, ragazza splendida e molto matura, con tantissimi amici, la quale, durante la separazione dei genitori, aveva detto agli psicologi di voler bene alla mamma, ma di voler vivere con il papà col quale riusciva a parlare.

Il 10 luglio 1982 il papà di Kalinka arriva a Lindau; il compagno della mamma, Dieter, racconta che prima di andare a dormire aveva fatto alla ragazza una iniezione a base di ferro e cobalto per accelerare la produzione di melatonina così da accontentarla nel desiderio di abbronzarsi nel minor tempo possibile.

Il papà, rientrato a Pechbusque per organizzare i funerali, riceve dall’ex moglie una strana telefonata: per far rientrare la salma è necessario eseguire prima un’autopsia. Danièle tarderà tre mesi a spedirgli il referto di 16 pagine, che racconta uno scenario devastante.

Nella sua analisi il medico legale colloca il decesso attorno alle 3 di notte e osserva che il ferro iniettato è usato in casi di anemie gravi e va somministrato con estrema cautela, e non ha alcun effetto sull’abbronzatura.

Ma Andrè, leggendo il referto, scopre anche che il patrigno dott.  Kombrach, contro ogni regola, era presente all’autopsia, durante la quale cambia la sua versione, asserisce che la ragazza era molto debole e per questa ragione le aveva fatto la puntura.

Ma dal referto dell’autopsia vien fuori un altro particolare, e cioè che sui genitali della ragazza erano stati riscontrati un taglio con tracce di sangue, e una sostanza biancastra nella vagina, che però non è stata fatta analizzare per accertare se avesse avuto un rapporto sessuale; il patologo precisa però di aver trovata “strane e grottesche” le tre iniezioni praticate dal dott. Krombach per rianimare la ragazza la mattina successiva, vale a dire quando il la rigidità cadaverica si era già impossessata del corpo.

Il patologo, infine, annota che le tracce di cibo nella trachea farebbero pensare a una morte per soffocamento da vomito, eppure le lenzuola del letto erano pulite come appena uscite da una lavatrice.

Nella conclusione del referto il decesso resta una «morte inspiegabile», e per il padre è altrettanto inspiegabile che davanti a tanti interrogativi, la Procura tedesca di Kempten, già il 17 agosto avesse deciso di archiviare il caso.

Il padre, tormentato da dubbi, incomincia a indagare per conto proprio, raccogliendo numerose prove, anche se dal referto dell’autopsia aveva già capito che il compagno della ex moglie, madre della vittima, aveva violentato e ammazzato la ragazza, ma la moglie lo prende per pazzo.

Andrè Bamberski non si rassegna e dopo un anno dalla morte di Kalinka, torna a Lindau per distribuire volantini che accusano Krombach di essere un violentatore e assassino. Dopo due ore la polizia arriva a portarlo via, e lo stimato cardiologo gli farà causa per diffamazione, e il giudice condanna il querelato a risarcirlo con 500 mila marchi.

Nel 1985, il primo colpo di scena: la Procura francese si convince ad aprire un’indagine. Il giudice decide la riesumazione del corpo di Kalinka per una nuova autopsia, che porta a una scoperta agghiacciante: i genitali della ragazza sono stati asportati, degli stessi non ce n’è traccia, non verranno mai ritrovati; impossibile quindi provare se ci fu o meno uno stupro.

Krombach viene rinviato a giudizio per omicidio volontario, ma le autorità di Berlino fanno muro.

Tra ostacoli e rinvii, il processo dura un decennio e si chiude con la condanna in contumacia a 15 anni di reclusione per «aver volontariamente esercitato delle violenze su Kalinka Bamberski, (…) violenze che hanno portato alla morte senza intenzione di causarla».

Ma la Germania rifiuta l’estradizione in virtù del principio della “cosa giudicata”: la giustizia tedesca aveva già indagato, e archiviato il caso, assolvendolo di fatto.

André scrive un appello al presidente francese Chirac e al cancelliere tedesco Schröder. tutto inutile.

Il caso è in un vicolo cieco quando da Lindau arriva la notizia che una paziente di 16 anni, due anni dopo la morte di Kalinka, accusa l’affascinante cardiologo Krombach di aver abusato di lei nel suo studio medico, dopo averla anestetizzata con una iniezione.

Nel 1997 Bamberski attraversa di nuovo il confine, segue il processo in aula pensando che questa volta, in un modo o nell’altro, sua figlia avrà giustizia.

L’imputato si dichiara colpevole ma la condanna è a dir poco blanda: due anni con la condizionale oltre alla radiazione dall’ordine dei medici.

Quindi Dieter Krombach è un molestatore seriale, sul suo capo pendono giù due omicidi, tuttavia la giustizia tedesca sembra non avere alcuna voglia di perseguirlo seriamente.

Ma Andrè Bamberski non si arrende, continua a chiedere giustizia per la figlia e organizza anche manifestazioni di protesta davanti al Consolato tedesco di Tolosa.

Frattanto Il cardiologo Krombach, nonostante sia stato radiato dall’ordine, continua ad esercitare, fino a quando, nel 2006, una paziente lo riconosce dopo averlo visto in tv.

Allora entra per la prima volta in prigione, condannato a due anni per frode; ma nonostante altre testimoni si siano fatte avanti raccontando di abusi, e quella strana abitudine di somministrare iniezioni di ferro e cobalto, nel 2008 è di nuovo libero.

«Eppure io non ho mai perso la speranza -ricorda Bamberski- continuavo a pedinare l’assassino, gli scattavo delle foto, suonavo al suo campanello per ricordargli che aveva ucciso mia figlia, e doveva assumersi questa responsabilità».

In quegli anni André viene anche avvicinato da un killer a pagamento. «Ma rifiutai l’offerta senza esitare. Io cercavo giustizia, non vendetta».

Ma il momento della giustizia si stava avvicinando.

A fine settembre 2009 Bamberski va in vacanza all’hotel Ibis di Bregenz, in Austria,vicino al confine tedesco: è il posto ideale per sorvegliare i movimenti di Krombach.

Una mattina, prima di colazione, lo chiamano dalla reception perché c’è un signore che vuole incontrarlo. Si chiama Anton Krasniqi, fa il barista nella zona e conosce perfettamente la storia di Kalinka. Ha i capelli lunghi, il pizzetto, un crocifisso gotico al collo e parla inglese con uno strano accento: è kosovaro.

Anton Krasniqi va dritto al punto: «Bisogna mettere fine all’impunità di quel dottore, lei è d’accordo che me ne occupi io?».

Per portare a termine il rapimento, Krasniqi coinvolge due complici, un georgiano e un russo. I tre, in un minibus Volskwagen, si appostano davanti alla casa di Krombach, lo spingono nel furgoncino appena esce e partono a tutta velocità verso il confine con la Francia.

Alle tre e mezza del mattino del 18 ottobre 2009 il telefono squilla in casa Bamberski: «Krombach è a Mulhouse, in rue des Tilleuls. Ora avvertiamo la polizia».

Bamberski prende il primo volo da Tolosa e arriva sul posto. Appena entrato in hotel, viene fermato con l’accusa di rapimento. Anche Krasniqi viene arrestato, in Austria, ed estradato a Parigi il giorno stesso.

Quando dopo due giorni il “garde a vue” André Bamberski viene rimesso in libertà, all’ingresso del commissariato i funzionari di polizia si schierano davanti a lui per un vero e proprio picchetto d’onore.

Dieter Krombach viene condannato a 15 anni. L’accusa ne aveva chiesti 30, ma non è riuscita a provare la volontarietà dell’omicidio.

Giustizia è fatta, finalmente Kalinka più riposare in pace.

Da questa storia vera nel 2016 è stato anche tratto un film dal titolo “In nome di mia figlia”, diretto da Vincent Garenq, interpretato da raffinati attori francesi, il più noto dei quali è Daniel Auteuil nel ruolo del padre. Ma all’uscita della pellicola il Ministro Bavarese Beate Merk ebbe la faccia tosta di protestare contro la “giustizia fai da te”.

Per concludere vogliamo citare lo scrittore statunitense Tennessee Williams: “Se un marito perde la moglie è un vedovo, se un bambino perde i genitori è un orfano; ma se un padre perde sua figlia, non esiste nemmeno la parola per dire cos’è”.

Qualcuno ha scritto: “In Francia, in tempi recenti, hanno coniato il termine désenfantè, che indica un genitore che perde un figlio”.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Una risposta a “Storiacce: Kalinka, 14 anni, violentata e uccisa”

  1. 18.03.2022 – by Nino Maiorino – Errore di battuta: “Pian piano la famiglia Bamberski trova un nuovo equilibrio, soprattutto per merito di Kalinka (non Melinka) ragazza splendida e molto matura, con tantissimi amici, la quale, durante la separazione dei genitori, aveva detto agli psicologi di voler bene alla mamma, ma di voler vivere con il papà col quale riusciva a parlare.”

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