Ogni anno, il 2 novembre, c’è l’usanza…
No, non sono impazzito, ho solo richiamato dalla memoria la celeberrima “ ‘A livella” di Totò, che riporta all’usanza di celebrare in quella data, il rito dei defunti.
Perché riti uguali vengono celebrati in tante altre occasioni, una delle quali le festività natalizie e di fine anno, delizia e croce di tante famiglie e di tante persone che vorrebbero celebrare queste ricorrenze nella intimità della famiglia, nel ricordo di quell’evento che 21 secoli fa ha cambiato la storia delle umanità.
Diciamoci la verità, le festività natalizie sono soprattutto per i bambini, e tante cose si fanno proprio per loro, perché se essi non ci fossero, molto probabilmente si farebbe molto di meno, e di tanto ne beneficerebbero tutti.
I riti del Natale iniziano già ad inizio dicembre: “cosa facciamo quest’anno?” incominciamo a dirci, la moglie al marito, i figli ai genitori, i nonni ai nipoti, e via dicendo.
Il discorso rimane poi sospeso per qualche giorno, poi torna ad emergere, e la cosa non si esaurisce subito, perché bisogna collegarsi con gli altri familiari, spesso riluttanti a decidere in anticipo, forse perché attendono che altri decidano per loro, in maniera da non sforzare eccessivamente le meningi, e magari poter poi rivendicare la brutta riuscita dei festini natalizi, scaricando su altri la responsabilità.
Le solite frasi: cosa facciamo la vigilia? dove la trascorriamo? quanti saremo? cosa si cucina?
Quasi che sia diverso dalle precedenti vigilie.
E a Natale: cosa facciamo? dove lo trascorriamo? quanti saremo? cosa si cucina?
Quasi che sia diverso dagli anni precedenti.
Solito ritornello per la fine dell’anno e per il Capodanno, e poi si affronta anche il problema del 6 gennaio, l’Epifania che, finalmente!!!, tutte le feste porta via.
Tant’è che qualcuno ipotizza di evitare la organizzazione disorganizzata di stare a casa, magari è meglio andare al ristorante, una volta paga uno, la volta successiva un’altra, e così via.
Ma c’è sempre chi obbietta: ma che diamine, cosa insegniamo ai nostri bambini? quale esempio diamo loro della sacralità e dell’importanza del Natale? cosa ricorderanno questi ragazzi quando saranno cresciuti e divenuti adulti?
Da qualche anno si è presa pure l’abitudine di passare le festività natalizie fuori sede, si va sulla neve, a godere, si fa per dire, la pace della montagna, le delizie dello sci, così ci si mantiene anche in forma, si smaltiscono quei chili di troppo che la vita sedentaria ha fatto accumulare, salvo a riprenderli poi gozzovigliando negli alberghi i cui cuochi certamente non si pongono il problema del condimento.
E magari non si avrà il tempo, sarebbe meglio dire il ricordo, di andare alla Messa di Natale, tanto per insegnare ai bambini…
Ma la cosa drammatica è che della la organizzazione dei vari festini si incomincia a parlare a inizio dicembre e magari si giunge all’antivigilia senza ancora essersi messi d’accordo.
C’è poi chi sostiene che “quest’anno mangerò molto di meno, non voglio riprendere quei chili che tanto difficilmente sono riuscito a calare con la dieta e la palestra”. E alla fine magari sarà quello che si “abbufferà” più di tutti, e così andranno a farsi benedire, insieme ai buoni propositi, anche i sacrifici precedenti.
A me tutto questo tran-tran fa venire in mente un celebre film di un trentennio fa di Mario Monicelli, “Parenti serpenti”, ambientato proprio nelle le festività natalizie, durante le quali i due anziani genitori, che hanno sempre ospitato i quattro figli, con consorti e nipoti vari, comunicano che si sono stancati di gestire la casa, preparare pranzi e cene, ed hanno deciso di lasciare tutto e andarsene a vivere con uno dei figli…
Ed è a questo punto che cala il gelo: chi è il più adatto? perché io e non tu? cosa ce ne viene in cambio? a chi va la casa?
Come finirà è noto; i disaccordi su chi “tenere i vecchi” trova tutti d’accordo nella loro soppressione, e tutti concordi organizzano la esplosione della bombola di una stufa a gas che proprio loro hanno regalato, che ammazzerà i due oramai incomodi vecchietti, e libererà tutti loro da ogni problema.
Ma non voglio concludere con questo messaggio negativo: in fondo siamo rimasti un poco tutti bambini, anche gli adulti, e i diversamente giovani, pure se di diverse generazioni, e in virtù di ciò tutti dobbiamo festeggiare, richiamandoci alla tradizione.
E per questo auguro a tutti un OTTIMO NATALE e UN NUOVO ANNO felice, ma specialmente “diverso”, con la viva speranza che il 2022 veramente possa costituire l’anno della svolta, il tutti i sensi.