L’olio degli antichi romani: prima raccolta con spremitura delle olive nel Parco del Colosseo a Roma in un frantoio collocato all’ombra dell’Arco di Tito
Rinasce l’olio degli antichi romani con l’oasi di 189 piante di ulivo all’ombra del Colosseo.
È quanto affermano Coldiretti e Unaprol in occasione della prima raccolta con spremitura in diretta delle olive nel Parco del Colosseo a Roma in un frantoio collocato all’ombra dell’Arco di Tito che darà vita all’olio degli antichi romani, dopo il riconoscimento dell’Igp Roma da parte dell’Unione europea.
Una oasi dell’olio rinata grazie alla collaborazione tra il Parco Archeologico del Colosseo, Coldiretti e Unaprol, che provvedono alla cura degli alberi e alla raccolta delle olive nel pieno rispetto del loro ruolo paesaggistico e del contesto storico, oltre che della sostenibilità, con la produzione di un olio unico al mondo.
Nel Parco archeologico del Colosseo nel paesaggio del Colle Palatino sono presenti ulivi di diversa epoca come accadeva nell’antichità.
“La civiltà romana – evidenziano Coldiretti e Unaprol – fu quella che più d’ogni altra contribuì alla diffusione dell’olivo e al perfezionamento delle relative tecniche di coltivazione e di estrazione”.
L’olio divenne una delle principali ricchezze dei Romani che conoscevano talmente bene il prodotto da mettere a punto tecniche e strumenti rimasti quasi invariati fino al XIX secolo e, per primi, classificarono gli oli in base alle loro caratteristiche organolettiche.
Marco Porcio Catone (234-149 a.C.) e Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.) scrissero i primi “disciplinari di produzione” olivicoli, delineando i fondamenti teorici e tecnici che ancora oggi sono alla base delle produzioni di oli d’oliva di qualità con una gamma inimitabile di sentori, profumi, sfumature sensoriali e gradi di intensità.
L’Italia è la regina dei riconoscimenti di qualità in Europa con il suo patrimonio di 42 Dop e 7 Igp olivicole, pari al 40% delle certificazioni comunitarie, mentre Spagna e Grecia inseguono il nostro Paese a distanza con appena 29 riconoscimenti.
“Più della metà della produzione nazionale di olii Dop e Igp viene esportata – spiegano Coldiretti e Unaprol – con il valore degli scambi cresciuto del +55% negli ultimi cinque anni, passando da 40 a 62 milioni di euro”.
Le tre denominazioni più importanti a livello produttivo sono la Dop Terra di Bari, l’Igp Toscana e la Dop Val di Mazara, ma le produzioni di qualità caratterizzano l’intera penisola da Nord a Sud nonostante le difficoltà legate ai cambiamenti climatici che però hanno anche alzato la “linea dell’olio” portandola ridosso delle cime delle Alpi con coltivazioni in Valtellina.
“L’Italia è leader mondiale nel turismo enogastronomico che vale oltre 5 miliardi con più della metà (55%) degli italiani che ha il cibo come principale motivazione di viaggio, quasi il triplo rispetto a cinque anni fa” spiega il Presidente di Unaprol e vice presidente nazionale di Coldiretti David Granieri nel sottolineare che “la ricerca dei prodotti tipici è un ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l’Italia che può contare anche su cinquemila “Sigilli di Campagna Amica”, da scoprire tutto l’anno grazie alla più grande opera di valorizzazione della biodiversità contadina mai realizzata in Italia dagli agricoltori”.
“Il consiglio ai consumatori – suggerisce il responsabile olio di Coldiretti Nicola Di Noia – è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100% da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive”. (fonte Coldiretti)