La chiusura di accesso ai giornalisti nel Palazzo di Città di Salerno non ha precedenti, a mia memoria. E non ne ho ricordo nella mia lunga attività di cronista svolta in città ribollenti come Napoli e Palermo, sia che si trattasse di Palazzi istituzionali della Politica o della Giustizia.
Altra cosa sono le regolamentazioni di accesso o gli spifferi la cui fonti non sono i giornalisti. Perciò, non si capisce se il divieto sia da considerarsi punitivo per gli operatori dei media o preventivo per chiudere le bocche del dissenso di Palazzo o un modo di filtrare la comunicazione istituzionale attraverso canali predestinati.
Nei primi due casi si tratterebbe di forme di violazione o alterazione della libertà di ricerca dell’informazione, diritto/dovere fondante per ogni iscritto all’Ordine dei Giornalisti, tutelato dalla Costituzione; nel terzo caso si tratterebbe di una palese deriva autoritaria assonante con le veline del “minculpop” (Ministero della Cultura Popolare): coerente in regime dittatoriale, stupido esperimento in un contesto di pluralismo di canali di formazione e raccolta dell’informazione.
Perché, il giornalista libero per onestà intellettuale e di mestiere non si ferma ai comunicati o ai meme online come ultima versione della comunicazione politica; avendo uno spazio pubblico da riempire con propri contenuti ha strumenti e capacità di accesso a canali alternatiti. Il che è certamente garanzia di indipendenza anche se spesso può essere fonte di confusione sul cui crinale, una volta, gioiscono le testate conformiste alle linee di Palazzo, un’altra volta, sono le antagoniste a celebrare scoop per rivelazioni segregate o occultate.
Non è facile trovare punti di equivalenza in una città in cui il verbo da commentare o da cui trarre notizie sono state per decenni le dirette televisive senza alcuna interlocuzione. Si capiscono le preoccupazioni dei nuovi amministratori di celebrare il loro insediamento all’indomani di una inchiesta giudiziaria che ha avuto risonanza nazionale.
La chiusura del Portone per evitare di incorrere in dichiarazioni o parole carpite in maniera incontrollabile non può dirsi una buona idea. A suscitare clamore non è la difesa corporativa dei giornalisti, ma il simbolo del gesto.
Incompreso o voluto? L’Amministrazione ha una sua autonomia nella gestione degli spazi del Palazzo, spetta alla politica approvarne o bocciarne l’operato.
Nel caso specifico si tratta di una questione essenziale su cui i partiti tutti hanno il dovere di prendere posizioni nette, qualunque sia la posizione topografica a livello nazionale.
Perché, il gesto non è riducibile a fattori di folklore locale.