Dopo quindici anni di lavori e polemiche, piazza della Libertà, sulla sponda ovest del lungomare di Salerno, con la benedizione del Santo Patrono, Matteo, è stata finalmente aperta al pubblico.
Ora appare chiaro il motivo per il quale è stata costruita: consentire a tutti di ammirare la dirimpettaia, stazione marittima; una delle ultime opere dell’architetto anglo-irachena Zaha Hadid.
Ed è un bene che i visitatori, raggiungendo la piazza e distratti dal terminale, dirigano lo sguardo verso ponente, così fanno a meno di guardare, alla loro destra, il palazzaccio di Ricardo Bofill.
Pur essendo coevi, i due oggetti sembrano appartenere ad ere geologiche differenti: traiettorie in calcestruzzo contro colonne doriche in polistirolo.
Più del flusso di turisti marittimi, che ancora si attendono, l’ostrica della Hadid testimonia quello dello scorrere del tempo. D’altronde, ogni sua architettura, anche le più stanziali (musei, biblioteche) inneggiano al primato della mobilità.
Siamo tutti di passaggio. Anche le archistar.
La stazione della Hadid sbalordisce nonostante i vari tentativi di boicottaggio già in essere: le lucine da albero di Natale sulla copertura, i cassoni del porto, le auto parcheggiate, per non parlare degli usi impropri.
E’ banale vandalismo urbano o un calcolato tentativo di “assimilazione” nel brutto?
Per fortuna in architettura le proporzioni contano più delle dimensioni.
Lo apprezziamo meglio adesso che la stazione marittima gode della possibilità di essere apprezzata dalla giusta distanza. Ed è il caso che lo si faccia in fretta, prima che ci costruiscano davanti qualche altro ascensore, o la circondino di vasi da fiori e tavolini in alluminio.
Per adesso, della nuova piazza, insensatamente grande, l’eccellenza rimane il panorama.
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