Il caso Russo: tra i rigori della legge e le pastoie politico-burocratiche ed elettorali
Perché il Comune di Napoli ha difficoltà a rimuovere i simboli che inneggiano alla delinquenza?
Ugo Russo era il ragazzo che all’inizio dell’anno scorso aveva appena sedici anni, era colui che il 1° marzo 2020 tentò di rapinare un Carabiniere che era in macchina con la fidanzata.
Il ragazzo, che era in compagnia di un altro amico di avventure, entrambi piccoli delinquenti, si era avvicinato all’auto del Carabiniere che stava parcheggiando in Via Generale Orsini, quartiere Santa Lucia; con una Beretta finta, ma del tutto uguale a un’arma vera, lo minacciò scarrellando l’arma giocattolo; a quel punto il Carabiniere, temendo per la propria vita e per quella della ragazza che lo accompagnava, si qualificò, estrasse l’arma di ordinanza e sparò: il sedicenne morì poco dopo durante il trasporto all’Ospedale Vecchio Pellegrini dove i familiari dello stesso, alla notizia della morte, devastarono il Pronto Soccorso.
Il Carabiniere venne indagato, sembra per eccesso di legittima difesa, e il procedimento è ancora in corso perché c’è il sospettato che abbia compiuto una specie di esecuzione in quanto pare che una pallottola abbia colpito il ragazzo alla nuca.
E’ appena il caso di ricordare che i Quartieri spagnoli, dove abita la famiglia Russo al Vico Paradiso, sono una notoria piazza di spaccio di sostanze stupefacenti e che alcuni pareti del ragazzo morto sono stati arrestati per tale reato.
Ma i familiari del piccolo delinquente ucciso -che al pronto soccorso venne trovato con al braccio un orologio Rolex originale e al collo una vistosa catena d’oro, probabilmente frutto di una precedente rapina- gli stessi che devastarono il pronto soccorso dell’Ospedale non si sono mai rassegnati e sin dall’inizio hanno chiesto “giustizia”, non si è mai capito per cosa, come se il figlio delinquente avesse il diritto di libera rapina, che probabilmente si era conquistato sul campo (lo fa supporre anche il Rolex e la catena).
E per “immortalare” la bravata del ragazzo fecero dipingere su una facciata del palazzo dove abitano, il grande “murales” del figlio, che correda questo articolo.
Una usanza tutta napoletana, esportata anche in altre regioni dove però è molto circoscritta.
Si dà il caso, però, che in una iniziativa di contrasto alla delinquenza spicciola, il Prefetto di Napoli abbia disposto, con una ordinanza, la rimozione di tutte le edicole, le immagini e i vistosi segni che i familiari di spacciatori, rapinatori e altri delinquenti morti hanno l’abitudine di erigere nelle strade, e, nonostante l’opposizione contro la stessa da parte del Comune di Napoli (anche questa è una stranezza che lascia riflettere, il Comune asserisce che la Sovrintendenza aveva autorizzato il murales), il Tar ha confermato la ordinanza disponendo che il Comune provveda ad eseguirla.
Ciononostante il Comune nicchia, fa il “pesce in barile”, lascia passare il tempo, probabilmente aspetta che il Consiglio di Stato, al quale sembra voler ricorrere la famiglia del morto (non si sa a quale titolo, il ricorso dovrebbe farlo il Comune che finora non ha preso alcuna iniziativa) e per il pagamento delle notevoli spese legali si è addirittura costituito il “Comitato verità e giustizia per Ugo Russo” che ha avviato una sottoscrizione,
Intanto la Prefettura sollecita il Comune perché le edicole votive e i murales vengano rimossi, ma il Comune persiste nella sua assenza.
Perché il Comune non lo fa?
Forse perché tra qualche mese ci sono le elezioni amministrative?
Il Divo Giulio, tra i suoi numerosi aforismi, ne citava spesso uno: “a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina”; probabilmente i candidati a sindaco temono di perdere voti, e quindi stanno a “meditare”.
Ma qualcuno di essi ha mai pensato che quei voti sono voti di camorra? Il che starebbe a significare che tutto fa brodo, pur di essere eletti vanno bene anche i voti dei camorristi, dal più alto al più basso livello, compreso quello dei piccoli delinquenti e dei loro familiari.
In conclusione ci dispiace dire che pure questa è Napoli, una città che tra le tante sfaccettature ha anche quella dell’economia del vicolo, e non solo quella normale, ma pure quella camorristica, quella che non si fa scrupolo di spacciare per tirare a campare, e che investe parte di quei profitti per simboleggiare, a imperitura memoria, coloro che si sono distinti in azioni che sarebbe stato tanto meglio non fossero mai state fatte.