E’ di qualche giorno fa la notizia che l’Associazione Marco Cappato ha registrato un altro successo con la raccolta di oltre 500.mila firme per un Referendum abrogativo riguardate la cancellazione di alcune parole del testo della legge del 19 ottobre 1930, n. 1398 (parliamo di circa un secolo fa), che punisce con la reclusione da sei a quindici anni “chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso da lui impartito”, applicando le disposizioni relative all’omicidio, riportate negli art. 575-577 del c.p..
Per capire di cosa parliamo andiamo a rileggere questi articoli.
Art. 575 – Omicidio – Chiunque cagiona le morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Artt. 576, 577 e 578 – Circostanze aggravanti. Ergastolo. – Non riguardano il caso che stiamo trattando
Art. 579 – Omicidio del consenziente – Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso 1) contro una persona minore degli anni 18; 2) contro una persona inferma di mente o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per altra infermità o per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti; 3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
Non è per sterile desiderio di citare disposizioni di legge, ma solo per dare ai lettori la dimensione dell’intervento referendario promosso dall’Associazione Coscioni, pubblicato sulla G.U. del 21 aprile scorso.
Riportiamo, pertanto, testualmente, il testo del quesito referendario che ci troveremo a dover votare probabilmente nella primavera prossima:
“””Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni.»; comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole (quelle depennate)
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:
-Contro una persona minore degli anni diciotto;
-Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
-Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno [613 2]”””.
Pensiamo di non dover aggiungere altro, vista la chiarezza del quesito.
Parliamo, quindi, della cosiddetta “Eutanasia attiva”, al momento impedita per effetto delle disposizioni della legge del 1930, riportate nel C.P.
In sostanza il referendum propone di abrogare solo la reclusione per chi non si oppone all’eutanasia di un suo familiare o conoscente.
Per un Referendum abrogativo occorrono almeno 500.mila firme, che sono state raccolte nel giro di circa due mesi, nonostante la pandemia, con il contributo di giovani, che probabilmente hanno toccato con mano le sofferenze di parenti affetti da diverse patologie indipendenti dal covid.19, e degli anziani che probabilmente hanno dovuto rinunciare a curare altre patologie per la impossibilità di proseguire i cicli di cura, impediti dalla pandemia.
La firma à stata un atto “bipartisan”, nel senso che persone di più disparati orientamenti politici, dalla destra alla sinistra, si sono recati ai banchetti o ai Comuni per farlo.
Molti giovani si sono offerti di fare non solo da cassa di risonanza, ma di allestire banchetti nelle piazze per raccogliere consensi, cosa che ha stupefatto persino uno dei promotori e divulgatori dello stesso, Marco Cappato, il quale quasi non credeva che tanti giovani volessero dare il loro contributo.
In una recente intervista ha dichiarato: “Sulle prime ero scettico sulla loro tenuta, pensavo che si sarebbero rotti le scatole a rimediare un autenticatore, a chiedere l’autorizzazione per l’uso del suolo pubblico, a fare domande per tutta la burocrazia che occorre in casi del genere. Invece non si sono fatti spaventare, è una generazione sorprendente, che vede questo referendum come un gesto politico, di libertà. I banchetti li ho visti in tutto il paese, a Camaiore in Toscana, ad Acquaviva delle Fonti, nel barese, a Lamezia Terme, nel Ragusano”.
Ma non sono stati solo i giovani a dare il loro contributo, anche in molte città nelle quali le amministrazioni comunali sono state del tutto assenti, come qui a Cava.
Anche molte persone anziane si sono portati ai banchetti per firmare, e Marco Cappato, come egli stesso ha dichiarato, ha visto nei loro occhi la riconoscenza per l’attività dell’Associazione, molti si sono espressi con un “grazie per quello che fate”.
I promotori contano di raggiungere, al più presto, le 750.mila firme, per mettersi al riparo da eventuali errori commessi durante la raccolta, ma non disperano di poter raggiungere anche il milione.
Abbiamo già parlato dell’impegno dell’Associazione Coscioni in favore del fine vita consapevole, ed è stato solo grazie ad essa che attualmente abbiamo una legge che ci consente di esprimere, tramite la D.A.T. (Disposizioni Anticipate di Trattamento, comunemente definite “testamento biologico” o “biotestamento”), la nostra volontà “ora per allora” se un giorno non fossimo in condizione di comunicare a chi di competenza il nostro intendimento di non essere sottoposti a terapie che mantengono in vita solo grazie alla tecnologia, oppure i familiari e gli amici si devono vedere costretti ad accompagnare il malato all’estero per porre fino alle sue sofferenze, com’è avvenuto nel caso dei DJ Fabo, portato in una clinica Svizzera dai familiari accompagnati da Marco Cappato, il quale per questo ha subito un processo che lo ha assolto definitivamente, sentenza confermata anche dalla Corte Costituzionale, la quale invitò il Parlamento a colmare il vuoto legislativo esistente: cosa mai avvenuta.
Per fortuna ciò non riesce a fare il Parlamento, non è la prima volta che lo fa la Magistratura, inserendosi in campi che dovrebbero essere occupati dalla buona politica, quella con la “P” maiuscola, quella che dovrebbe preoccuparsi dei bisogni della gente, anche di quella che soffre per malanni fisici, e non sottostare a diktat da parte del Clero o dei parlamentari che rappresentano solo la longa manus dello stesso; era fin troppo facile prevedere che, per la raccolta delle firme per il referendum sulla eutanasia, Vaticano, Vescovi e Parroci si fossero scatenati contro.
Ma l’Associazione Coscioni ha chiarito ancora più approfonditamente i termini della questione.
Nel 1930, quando entrò in vigore la legge cui ci si riferisce, la scienza e la tecnica non avevano alcuno strumento per intervenire in maniera da tenere in vita persone come il DJ Fabo, come Eluana Englaro, come Piergiorgio Welbi, e i tantissimi altri: allora essi sarebbero deceduti all’istante.
Ma la scienza e la tecnica hanno fatto progressi enormi, mettendo a punto strumenti e macchine che riescono a tenere vivo un organismo anche in assenza del funzionamento degli altri organi, con un accanimento terapeutico che alla fine non porta a nulla se non a infierire su una persona che non potrà mai più vivere in condizioni normali e sarebbe dovuta già morire da tempo.
Fa orrore ricordare che, nel caso di Eluana Englaro, il Premier dell’epoca, Berlusconi, per ingraziarsi la burocrazia clericale, dichiarò che quel povero corpo che vegetava avrebbe potuto generare figli!
E’ chiaro che i due argomenti, l’eutanasia e il fine vita, sono distinti e separati, ma non possiamo non vedere uno stretto collegamento tra loro.
Ed è solo grazie all’impegno di questa Associazione che finalmente esiste anche nel nostro paese la possibilità di sottoscrivere la D.A.T. – Dichiarazione Anticipata di Trattamento, grazie alla quale ciascuno di noi può decidere quale dovrà essere il futuro della sua esistenza, dichiarazione che si può fare gratuitamente presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza.
E, alla fine, torniamo al discorso che abbiamo sempre fatto; ciascuno di noi deve essere padrone della sua vita, non possiamo delegare altri a decidere per noi contro la nostra volontà.
Che la vita umana sia dono di Dio molti lo sostengono e ci credono, ma questo non deve condizionare chi, a una certo punto della sua esistenza, decide di porre fine ai suoi giorni.
Il rapporto tra una persona e il Padreterno è strettamente personale, se esiste un aldilà ciascuno credente si sottoporrà al giudizio divino.