scritto da Nino Maiorino - 05 Agosto 2021 12:55

Chernobyl, una brutta storia

Una delle peggiori catastrofi della storia dell’energia nucleare civile del 20° secolo è certamente quella avvenuta la notte del 26 aprile 1986 al reattore 4 della Centrale nucleare di Cernobyl, una località a circa 100 km da Kiev, poco distante dal confine con la Bielorussia.

La città di Kiew, sul fiume Dnepr, è la capitale dell’Ucraina e conta poco meno di circa 3 milioni di abitanti (rilevazione al 2020).

Lo scopo della centrale di Kiew era la produzione di elettricità per uso civile e di plutonio per uso militare.

Quella catastrofe, unitamente all’altra avvenuta a Fukushima a marzo 2011 (causata da un devastante terremoto e maremoto), è stata valutata di settimo livello, il massimo nella scala di catastroficità di “INES – International Nuclear and Radiologic Event Scale – Scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici” la quale prevede 7 livelli, e il settimo classifica proprio gli incidenti catastrofici.

La centrale faceva parte della nella municipalità di Pryp”jat, da cui dista circa 3 km, mentre la città omonima è a circa 18 km; all’epoca quelle zone erano ben popolate, anche perché la centrale richiamava un buon numero di tecnici ed operatori, all’epoca la municipalità contava circa 50.mila abitanti oggi vi sono non più di 1000 persone.

L’avvio dei disastri nucleari era avvenuto 74 anni addietro: il 6 e il 9 agosto 1945, gli USA avevano sganciato sulle città giapponesi di Hiroshima e di Nagasaki, due bombe atomiche, diverse l’una dall’altra ma entrambe terribili; la prima era all’uranio 235, la seconda al plutonio 239.

La bomba che distrusse Hiroshima aveva una potenza di 15.kiloton, pari a circa 15mila tonnellate di tritolo; quella sganciata di Nagasaki era invece al plutonio, consumava meno combustibile nucleare ma aveva una maggiore potenza distruttiva.

Entrambe provocarono danni enormi alle città e alle zone circostanti, facendo a Hiroshima da 90mila a 166mila vittime e Nagasaki tra 60.mila e 80.mila.

Non c’è nessun dato che confronti la potenza distruttiva delle bombe sganciate su Nagasaki e Hiroshima con quella della esplosione del quarto reattore della Centrale di Chernobyl, possiamo rendercene conto solo dal totale dei morti che, secondo Greenpeace, furono in totale 6.milioni, e gli sfollati 336.mila.

Il disastro fu causato da errori della progettazione e costruzione della centrale, accompagnati da errori commessi dai dirigenti della stessa, molti dei quali pagarono con la vita perché vittime delle radiazioni, gli altri vennero processati e condannati.

Per aumentare l’efficienza del sistema erano state adottate soluzioni tecniche che di fatto ne diminuivano la sicurezza, ad esempio la scelta della grafite come moderatore accoppiata all’uso dell’acqua leggera come refrigerante, soprattutto per migliorare l’economia neutronica e facilitare quindi la produzione di plutonio-239; era noto ai progettisti che i coefficienti di vuoto e potenza positivi, in aggiunta a un refrigerante che assorbe i neutroni, come l’acqua, unito a un moderatore solido (grafite), erano caratteristiche che in determinate condizioni avrebbero potuto rendere instabile il reattore, quindi pericoloso.

Poco dopo il suo completamento, fu aperta un’indagine a cura del KGB per verificare carenze strutturali e l’eventuale povertà di materiali usati. Lo stesso presidente di allora del KGB, Viktor Michajlovič Čebrikov, si assunse la responsabilità di verificare di persona la correzione degli errori strutturali.

A causare il disastro furono errori della procedura nel corso di un controllo della sicurezza del reattore 4 della centrale; il controllo consisteva nella simulazione di un blackout elettrico al fine di elaborare una soluzione per mantenere freddo il reattore per il tempo necessario a ristabilire l’alimentazione di emergenza delle pompe dell’acqua.

Non era il primo controllo del genere che veniva effettuato, ma quella volta il test andò male, il reattore lavorò in condizioni di instabilità, la potenza progressivamente si ridusse, nessuno si accorse in tempo di ciò e, quando ci si rese conto che era necessario spegnere la centrale, era troppo tardi; il forzato spegnimento provocò una reazione a catena che generò la esplosione.

Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore 4 e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente.

Nonostante il rapido intervento dei vigili del fuoco delle vicine stazioni di Pripjat’ e Černobyl’, per molti giorni fu impossibile bloccare l’emissione radioattiva. I dirigenti sovietici inviati sul posto cercarono di sigillare il reattore esploso con misure d’emergenza improvvisate ma, di fronte alle dimensioni del disastro, furono costretti a organizzare l’evacuazione di circa 336.mila persone, e il loro reinsediamento in altre zone.

Non fu possibile evitare la divulgazione della notizia nel mondo e le pesanti conseguenze per la credibilità e il prestigio tecnico-scientifico dell’Unione Sovietica: le nubi radioattive raggiunsero in pochi giorni anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia, toccando, con livelli di radioattività inferiori, anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America, provocando un allarme generale e grandi polemiche contro i dirigenti sovietici.

Chi conosce, anche solo per sommi capi, come funziona una centrale nucleare può meglio comprendere il tutto.

Una centrale nucleare brucia Uranio e produce energia elettrica, ma a differenza di una normale centrale termoelettrica, che brucia carbone, petrolio o gas, non sfrutta reazioni chimiche, ma reazioni di fissione, circa un milione di volte più energetiche a parità di massa di combustibile.

La fissione non causa emissione di gas nocivi come l’anidride carbonica; l’alto rendimento del combustibile nucleare determina un vantaggioso risparmio di spazio e il costo di produzione dell’energia nucleare è il più basso di tutte le altre fonti di energia.

Allo stesso tempo anche gli svantaggi sono notevoli: c’è prima di tutto un elevato livello di radioattività in tutte le fasi del processo produttivo; i sistemi di sicurezza e di controllo sono sempre più affidabili, ma non si può escludere il rischio di gravi incidenti come quello di Chernobyl; c’è poi il problema dell’immagazzinamento a lungo termine delle scorie che si generano durante il processo produttivo: questi materiali rimangono radioattivi per milioni di anni e devono essere stipati in siti geologicamente stabili e protetti da strutture in grado di schermare ogni tipo di radiazione; non si sa se siano in corso ricerche finalizzate a trattare tali materiali in modo da renderli meno nocivi e per un minor numero di anni .

Per ricavare energia dal nucleo di un atomo esistono due procedimenti opposti: fissione e fusione.

Nelle reazioni di fissione il nucleo di un atomo con alto numero atomico si scinde producendo nuclei con un numero atomico minore e sviluppando così grandi quantità di energia.

Nelle reazioni di fusione, atomi con nuclei con basso numero atomico si fondono dando origine a nuclei più pesanti e rilasciando una notevole quantità di energia.

Qualche tempo fa su La7 è stata trasmessa una serie di ricostruzioni del disastro, prodotta in Russia, che riepiloga molto bene, e con grande drammaticità, tutto il periodo successivo alla esplosione, i sacrifici che tantissimi volontari fecero per tentare di arginare le conseguenze derivanti dalla esplosione, un nutrito gruppo di minatori, abituati alle temperature elevate del sottosuolo, si prestò volontariamente di intervenire, tanti non esitarono a introdursi nel reattore, pure coscienti che sarebbero stati contaminati, forse irreversibilmente: infatti tantissimi sarebbero morti in poco tempo.

 

(1-continua)

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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