Albert Sabin, lo scienziato che sconfisse il virus della poliomielite
Siamo in tempi di vaccini, e sembra che almeno il 90% della popolazione al momento sia orientata a vaccinarsi; resterebbe ancora un 10% di indecisi, dei quali una buona percentuale, invogliata dalla introduzione del “green pass” e dalla possibilità di riprendere una via normale, sembra aver superato l’handicap psicologico.
Ma in altra epoca, la gente non andava tanto per il sottile e si fidava degli scienziati e dei ricercatori, anzi li invitava a far presto per vincere le epidemie che sempre hanno afflitto l’umanità.
Il problema è che oggi, col facile accesso a internet, il popolo legge di tutto, e presume, così, di essere diventato istruito, edotto, e si illude di conoscere tutto.
Se così fosse non sarebbero necessari i vari gradi di studio, dalle Elementari alle Università e ai Master, basterebbe addottrinarsi su internet e il problema sarebbe risolto, con grande risparmio di spesa e grande soddisfazione del popolino.
E pochi capiscono che, se lo studio di un determinato problema non viene guidato da un docente, che spiega il significato delle singole parole, delle singole frasi, per portare ad una corretta educazione, il popolo rimane inconsapevolmente ignorante.
Per tornare ai vaccini, sembrano lontani secoli quelle richieste in strada del popolo di essere vaccinato, come da una foto che da qualche giorno gira su FB di popolani napoletani (foto sopra) che, in occasione dell’epidemia di colera del 1936-37, supplicava le autorità a vaccinarle.
Ma non dobbiamo andare molto lontano per avere una conferma autorevole di quello che i vaccini hanno fatto per il benessere della umanità, basta andare indietro di meno di un secolo, al 1939, quando il virologo Albert Sabin annunciò di aver isolato il virus della poliomielite, una malattia infantile causata dal “poliovirus”.
Il contagio si trasmette per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati o tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani. Molte persone contraevano la malattia senza neanche saperlo. La malattia causa una paralisi dolorosa e sovente irreversibile.
La diffusione della poliomielite raggiunse il picco negli Stati Uniti nel 1952 con oltre 21mila casi registrati. In Italia, nel 1958, furono registrati oltre 8mila casi. L’ultimo caso americano risale al 1979, mentre nel nostro paese è stato notificato nel 1982.
All’epoca la poliomielite fece piangere e disperare migliaia di famiglie i cui bambini, colpiti da quel male, rimanevano marcati per tutta la vita, o morivano.
La poliomielite, una volta detta “paralisi infantile”, o più comunemente “polio”, è una malattia virale acuta, altamente contagiosa, con manifestazioni diverse, le più gravi di tipo neurologico irreversibile. Si poteva manifestare in vari modi, di solito il malato era preso da improvvisi attacchi di febbre, seguita dalla paralisi irrimediabile di una parte del corpo, dovuta all’attacco da parte del virus (poliovirus) delle fibre nervose del midollo spinale.
Dicevamo che nel 1939 il virologo Albert Sabin annunciò di aver isolato il virus della poliomielite, e questo fu il primo passo che avrebbe portato a debellare la malattia.
Albert Bruce Sabin, di origine ebraica, era nato ad Abram Saperstein (Bialystok) in Polonia il 26 agosto 1906, sarebbe deceduto a Washington, 3 marzo 1993.
Medico e virologo polacco naturalizzato statunitense, diventò famoso per aver sviluppato il più diffuso vaccino contro la poliomielite.
Con la famiglia emigrò negli Stati Uniti nel 1921 e nel 1930 acquisì la cittadinanza statunitense, variando completamente il proprio nome e cognome.
Il padre Jacob, un artigiano, aveva deciso di lasciare la Polonia anche perché il clima verso gli ebrei era diventato molto ostile, e lo stesso Albert aveva fatto le spese di questo clima; sin dalla nascita Sabin non vedeva dall’occhio destro, e quando era ancora piccolo un coetaneo gli scagliò contro una pietra che per poco non colpì in pieno l’occhio sano, rischiando di accecarlo.
La famiglia Sabin si stabilì a Paterson, nel New Jersey, e un ricco parente si offrì di pagare gli studi di odontoiatria alla New York University al giovane Albert, in modo che poi egli potesse collaborare con lui nel suo studio di dentista; Sabin era uno studente modello.
Un giorno però lesse il libro “I cacciatori di microbi” (di Paul de Kruif), e ne rimase talmente affascinato da farlo decidere di dedicare la sua vita alla microbiologia, e si trasferì alla Facoltà di Medicina di New York, e seguì gli studi con passione e interesse, tanto da coltivare la sua passione anche al di fuori dell’Università, raccogliendo microbi dovunque capitasse (stagni, polvere, cassonetti della spazzatura).
Nel 1931 concluse gli studi conseguendo la laurea in medicina e andò a lavorare presso l’università di Cincinnati, in Ohio, dove sarebbe rimasto 30 anni; dal 1946 venne nominato come capo della ricerca pediatrica, e in qualità di assistente del dottor William Hallock Park (celebre per i suoi studi sul vaccino per la difterite), sviluppò ulteriormente il suo interesse per la ricerca medica, in modo particolare nel campo delle malattie infettive.
Il dott. Park divenne mentore del giovane e promettente Sabin, e quando il parente dentista si rifiutò di continuare a pagargli gli studi, gli trovò pure una borsa di studio.
Gli studi sulle malattie infettive dell’infanzia lo portarono a fare ricerche su quelle provocate da virus e in particolare sulla poliomielite (o “polio”), che a quei tempi mieteva migliaia di vittime, in particolare su bambini a partire dal secondo anno di vita. La scelta di dedicarsi a questa patologia è comunque da attribuirsi al dottor Park, che, in seguito a un’epidemia di poliomielite a New York convinse il suo giovane microbiologo a riprendere le ricerche su quella malattia (che Sabin aveva già, anche se non approfonditamente, studiato in precedenza).
La lotta alla polio non era comunque nuova negli ambienti di ricerca medica, e durava ormai da parecchi anni: nel 1934 due studiosi statunitensi, Brodie e Kolmer, annunciarono la scoperta di un vaccino efficace contro la poliomielite; quando però si procedette alla somministrazione dello stesso, ci furono molte morti. Questo terribile fallimento fece sì che venisse ordinata la sospensione di qualsiasi ricerca ufficiale sul vaccino antipolio, sebbene ufficiosamente molti laboratori continuassero nelle ricerche.
Il 3 gennaio 1938, con un appello sui quotidiani, Franklin Delano Roosevelt, allora Presidente degli Stati Uniti, colpito da una paralisi che in quel momento fu diagnosticata come dovuta a poliomielite (mentre in seguito ci furono riserve sulla correttezza di questa diagnosi) creò la “NFIP – National Foundation for Infantile Paralysis” il cui scopo era la raccolta di ulteriori fondi per la lotta contro la poliomielite, per accelerare la ricerca di un vaccino e l’aiuto ai malati.
L’iniziativa ebbe tale risonanza che il 20 gennaio di ogni anno, in occasione del compleanno di Roosevelt, tutti i cittadini statunitensi erano invitati a versare almeno un “dime” (10 centesimi di dollaro) per combattere la polio; la campagna si avvalse di numerose collaborazioni di celebrità di quel tempo.
In questo modo furono raccolti milioni di dollari, e la NFIP poté così finanziare ulteriormente le ricerche per un vaccino efficace e sicuro.
Nel 1939 Sabin annunciò alla comunità scientifica la sua prima e importantissima scoperta sulla natura del virus poliomielitico (che attaccava le fibre nervose): dimostrò infatti, contrariamente a quanto creduto fino ad allora, che la sede prediletta di tale virus era l’intestino. Si trattava quindi di un virus enterico e non respiratorio, e la conoscenza del “terreno” dove si sviluppava era un dato fondamentale per la ricerca di un farmaco che lo debellasse.
Mentre Sabin proseguiva con le sue ricerche in Europa scoppiò la Seconda guerra mondiale e quando anche gli Stati Uniti entrarono in guerra Sabin lasciò Cincinnati per arruolarsi: sbarcò prima in Sicilia e successivamente a Okinawa (in Giappone), dove installò un laboratorio da campo.
Nel 1947 Sabin, di stanza a Berlino assistette, mentre si occupava dell’ospedale militare, a una terribile epidemia di polio che colpì moltissimi bambini della semidistrutta ex capitale del Terzo Reich, e questo gli diede maggior vigore nella ricerca del vaccino, tant’è che tornò negli Stati Uniti per riprendere le ricerche: creando un colossale laboratorio, con 10.000 topi e 160 scimpanzé.
Nel 1949, grazie allo stanziamento di 1.370.000 $ la NFIP poté varare uno studio multicentrico in varie università statunitensi (compresa quella di Cincinnati, dove lavorava Sabin), mettendo a disposizione dei laboratori decine di migliaia di scimmie. Nel frattempo le epidemie di polio nel mondo aumentarono: in particolare in Europa si ebbe la terribile epidemia di Copenaghen (1952) mentre negli USA si verificarono decine di migliaia di casi.
Finalmente nel 1953, al Children Hospital di Cincinnati, Sabin, dopo lunghi e faticosi esperimenti su reni di scimmia, aveva finalizzato le ricerche per la messa a punto di una sospensione di virus attenuati.
Il vaccino di Sabin, sviluppato in concorrenza a quello dell’immunologo Hilary Koprowski, consisteva nello stesso virus della polio, ma “attenuato”, cioè privato della capacità di provocare la paralisi delle fibre nervose. L’organismo in cui veniva immesso il virus attenuato, di fronte a questa minaccia, produceva gli anticorpi adatti.
Era giunto il momento di cominciare a testare il vaccino sull’uomo, Sabin lo fece prima su se stesso, poi su alcuni suoi collaboratori; ma i primi esperimenti su vasta scala vennero fatti tra giovani carcerati che si erano offerti volontari: lo scienziato polacco aveva ottenuto, dopo lunghe esitazioni, di poter cercare dei volontari tra i detenuti delle prigioni federali di Chillichote (in Ohio): ne trovò a centinaia.
Questi primi controlli e i successivi ebbero esito positivo, si passò così ai bambini, e le prime furono proprio le due figlie di Sabin, Amy (5 anni) e Deborah (7 anni), chiamate così in ricordo delle nipotine trucidate dalle SS. Dopo un’ulteriore lunga serie di prove del vaccino Sabin presentò alla Commissione per l’immunizzazione del NFIP i risultati delle esperienze condotte, sulle scimmie e gli scimpanzé del suo laboratorio, e poi su un totale di 242 persone.
Nello stesso periodo un altro ricercatore pressoché sconosciuto, J.E. Salk, dell’Università di Pittsburgh, che lavorava anch’egli da anni sulla poliomielite, mise a punto tre vaccini contro il morbo da iniettarsi con iniezioni. L’idea del dottor Salk era diversa da quella di Sabin, e nel 1952 iniziò anche la sperimentazione dei vaccini di Salk, vennero vaccinati 422.mila bambini, molti dei quali furono colpiti dalla “polio” per cui il metodo Salk si dimostrò inefficace e non se ne parlò più, tranne che per le conseguenze legali per le cause che le famiglie dei bambini morti intentarono; e venne istituita anche una Commissione parlamentare dalla quale fu sentito lo stesso Sabin.
Successivamente Salk modificò il suo vaccino e in USA ne venne autorizzata la somministrazione.
Ovviamente il conflitto con Salk penalizzò Sabin, anche per la sua origine, per cui Sabin poté perfezionare il vaccino solo tra il 1954/55, che veniva somministrato per bocca su una zolletta di zucchero.
Stranamente il vaccino Sabin ebbe più successo all’estero, in URSS, e nei paesi dell’est europeo, compresa la Germania, la Polonia, la Jugoslavia, e anche nel sudest asiatico.
Sabin aveva creato due tipi di vaccino, quello “orale monovalente” e quello “orale trivalente”, a seconda dei tipi di “polio”.
E il fatto che fosse somministrato per via orale non fu ininfluente, tant’è che ancora oggi il vaccino Sabin si ricorda come quello della zolletta di zucchero.
Tutti ricordano Albert Sabin anche per la sua filantropia, non volle mai brevettare il suo vaccino, come tanti gli consigliavano: “Tanti insistevano che lo brevettassi, ma non l’ho voluto; è il mio regalo a tutti i bambini del mondo”.
Evidentemente ricordava le due nipotine, mai conosciute, trucidate dalle SS.
Quindi dal suo vaccino Sabin non guadagnò un dollaro, ed è sempre vissuto sobriamente con il suo stipendio di Professore universitario. Anzi Sabin donò allo scienziato sovietico Michail Cumakov i ceppi virali per permettere la produzione del suo vaccino anche nell’Unione Sovietica.