Caos a Cinque Stelle, il visionario e l’avvocato
Il travaglio del M5S si sta consumando tra la vocazione visionaria del suo fondatore, Beppe Grillo, ed il nozionismo politico dell’Avvocato del popolo, Giuseppe Conte, candidato ad assumerne la leadership.
Si è incrinato il sodalizio tra chi incarna l’anima irrequieta delle origini del Movimento e chi ne ravvisa la ragione esistenziale nelle regole della partitocrazia.
Il futuro della formazione politica più anti-partito dell’era repubblicana si sta giocando, proprio, su un riassetto che non esclude forme organizzative del passato. Ne è perno la bozza di Statuto elaborata da Conte e contestata da Grillo.
Se dovesse passare entrerebbe in funzione una nuova forma di governance che ridimensiona la figura dell’Elevato, non eletto, al quale, senza poteri di veto e di indirizzo, resterebbero solo le stimmate del santone che, a sua volta, non riconosce all’ex Premier “visione politica e capacità manageriale”.
Lo scambio di battute, stile pesci in faccia, rispecchia una lotta di potere di non facile soluzione stante la indisponibilità di Conte a diarchie, ad assumere un ruolo da leader dimezzato o a fare “l’imbianchino”, come lui dice, della casa pentastellata: pretende che la sua proposta riscuota ampi consensi e non risicate maggioranze. Come dire: se mi volete datemi un suffragio plebiscitario, non tanto per esercitare pieni poteri quanto per prevenire le guerriglie del giorno dopo. Perché, al di là dei suoi propositi, dovrà fare i conti con i sentimenti che ribollono nel caos di una comunità politica ed umana che cambia connotazioni culturali e perde la guida del suo profeta.
Si tratta di una svolta che segna la fine di una stagione già usurata dalla retrocessione del Movimento dal primo posto conseguito nel 2018 al quarto posto sondato dopo FdI, Lega e PD. Mutando il rapporto di forze, si capisce che per l’ex Premier la nuova mission possibile per quel che resta del Movimento passa attraverso una sua configurazione cosiddetta moderata per entrare nel club dei salotti dove si assumono strategie e decisioni di potere.
Entrati nel semestre bianco che rassicura Deputati e Senatori da scadenze anticipate dei loro mandati e che depotenzia gli strumenti di influenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, resta da decifrare l’entità della dote che Conte si porta appresso sia per il cammino parlamentare della programmazione avviata dal Governo di Mario Draghi sia per le possibili aggregazioni numeriche per l’elezione del futuro Presidente della Repubblica.
Dal caos ci si può aspettare di tutto, in bene ed in male, ma ciò che è il meno auspicabile è il volo del solito colombo che esce dal cappello a cilindro del prestigiatore in scena.