Cava, un ceto politico fragile ed un Sindaco alla finestra
L’intervista a Filippo Durante, pubblicata oggi dal nostro giornale, come le precedenti offre molteplici ed interessanti spunti di riflessioni.
Il nostro, almeno all’apparenza, esprime giudizi cauti con toni quasi sommessi. Cionondimeno, con il garbo e la signorilità che lo contraddistinguono, Filippo Durante tratteggia nella sostanza un’immagine poco lusinghiera sia del sindaco Servalli che della classe politica cittadina.
Servalli viene descritto come un uomo alla finestra, il quale “sembra scrutare meditabondo… un campo visivo assai… limitato”. E ancora, ricorda che le ultime vicende, come quelle legale alla campagna vaccinale, “hanno restituito – a torto o a ragione – l’immagine di un Sindaco, per l’appunto, alla finestra, apparentemente dotato di scarsa forza contrattuale e, pertanto, marginale sul proscenio dello scacchiere politico provinciale”.
Quanta finezza in Filippo Durante, ma anche quanta forza espressiva nel dipingere in modo talmente incisivo e veritiero l’immagine del Sindaco alla finestra, qual è appunto Servalli.
Sulla classe politica cittadina Filippo Durante esprime giudizi più che generosi, considerato che non mancano le teste vuote e neanche qualche testa di legno. Salvo poi, però, sostenere che “il ceto politico attuale sia ancora troppo fragile: non adeguatamente preparato, autorevole e smaliziato per tenere testa ai dirigenti, e dunque molto incline a finire imprigionato nella ragnatela della burocrazia”. Una valutazione veritiera e severa, ma anche disarmante.
C’è però un passaggio molto bello sul rapporto tra il potere e i social. Filippo Durante afferma che talvolta registra delle reazioni scomposte da parte di alcuni esponenti del potere politico cittadino “che in alcune occasioni millantano di portare sulle spalle il peso dell’universo e invocano, per questo, totale immunità dal dissenso”.
Ne conosciamo alcuni in particolare, sia che ricoprono l’incarico di assessore sia solo il ruolo di sfegatati supporter. E sembra di vederli in volto quando Filippo Durante denuncia che si rendono protagonisti di “interventi sopra le righe, a volte persino supponenti e rancorosi, che rivelano una pericolosa assuefazione al potere, un’idea proprietaria della funzione pubblica e una proterva insofferenza alle critiche: come se ogni censura costituisse di per sé un’espressione di lesa maestà”.
Ciò detto, la parte più interessante dell’intervista è quella in cui il nostro suggerisce quale deve essere il sentiero per arrivare alla buona politica. Sono suggerimenti utili di cui la classe politica cittadina, sopratutto quella che si vuole preparare al dopo Servalli, dovrebbe far tesoro. A dire il vero, però, ne dubitiamo assai.
Ad ogni modo, senza avere alcuna pretesa pedagogica, Filippo Durante esplicita una sorta di vademecum per la buona politica.
Vogliamo chiudere con una sua asserzione: “Il potere deve essere interpretato come uno strumento per incidere sulla realtà, trasformandola, e per far accadere le cose, senza anteporre a ciò ambizioni individuali”.
L’esatto contrario di quello che assistiamo oggi in città. E oggi di sicuro più di ieri.