Il cantiere preannunziato dagli ex Premier Giuseppe Conte ed Enrico Letta per ridisegnare i rapporti tra PD e M5S è una notizia destinata ad avere ricadute nel sistema di rappresentanza politica, locale e nazionale.
Il primo appuntamento per il relativo collaudo sono le amministrative d’autunno, il secondo riguarda l’elezione del successore del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed, infine, c’è la prova madre del 2023 per il rinnovo del Parlamento.
L’idea del nuovo sodalizio, secondo le parole pronunziate da Conte, nasce dalla necessità di mettere a frutto delle sinergie alternative al centrodestra, la cui realizzazione viene salutata da Letta come una “affascinante avventura”.
Se ne capisce l’entusiasmo, come denominatore che accomuna lo spirito di rivalsa di due ex Capi di Governo disarcionati e richiamati alla guida di forze politiche in affanno per consensi perduti ed identità smarrite.
Sulla potenziale forza del nuovo sodalizio non può non pesare la genesi politica, sociale culturale dei due partner. Nel pregresso immaginario grillino c’è rabbia e vis distruens nei confronti della casta in Parlamento (“lo apriremo come una scatoletta di tonno”), mentre in quello dei dem prevale, per lignaggio e cultura, riprovazione e sdegno verso le semplificazioni populistiche agitate contro il sistema dei poteri costituiti. Dunque, due visioni ieri incompatibili, oggi insondabili nei comportamenti dei rispettivi popoli, ricomponibili per i loro nuovi leader.
Quale sarà l’approdo? Non è scontato, come si addice ad ogni avventura tutta da scrivere. É più facile parlare “a là carte” piuttosto che cimentarsi in pensieri per nuovi orizzonti, venuta meno la bussola delle ideologie declassate a materiali da biblioteca.
Se ne coglie il segno nell’attenzione al saliscendi dell’asticella dei sondaggi nei commenti resi sui provvedimenti assunti dal Governo del Premier Mario Draghi che, per sua natura incolore, dovrebbe consentire alle famiglie politiche in competizione momenti in più di riflessione sugli assetti costituzionali da conferire al Paese devastato dalla pandemia non solo sanitaria, avendo messo a nudo disuguaglianze sociali, fragilità economiche e vulnerabilità delle istituzioni pubbliche.
Ed invece nelle cronache quotidiane prevale lo sport delle bandierine per rimarcare matrici di un provvedimento piuttosto che di un altro usate per dimostrare la inconsistenza del competitore presente nella stesa compagine governativa. Non sono casuali le frasi dem del tipo “Salvini se ne faccia una ragione” delegittimante della presenza della Lega nel Governo.
Sul punto si capiscono la vis di Letta nei confronti del partito più forte del centrodestra, dato vincente nei sondaggi, e la ricerca della gamba pentastellata, sia pure indebolita, che serve per costruire una nuova compagine di centrosinistra nell’immediato, per affrontare le amministrative, ed, a breve termine, per l’operazione Quirinale.
Per questa casella e per quella di Palazzo Chigi, appena resa libera, è ipotizzabile un gioco sul ruolo del duo Letta/Conte: protagonista, comprimario, portatore d’acqua? Chi per primo riuscirà a raccogliere le monete d’oro nel Campo dei Miracoli a prescindere dai pronunciamenti del corpo elettorale? Prevarrebbe, così, la logica del fare del Gatto e della Volpe del Pinocchio di Lorenzini se su questi interrogativi si dovesse fermare la chiave di lettura di un patto fra leader di forze politiche che non hanno comune retroterra culturale e sociale per attivare una avventura di progresso per la transazione politica del Paese.
28.’3.2021 – By Nino Maiorino – Articolo interessante e intrigante, ma non credo che Conte sia legato ai vecchi schemi grillini: chi vivrà, vedrà. Buona domenica delle Palme.