E adesso?
Il 17 gennaio scorso, prima dell’inizio della complicata settimana, che sarebbe iniziata il lunedì 18 fino a mercoledì 20, impegnando nei primi due giorni il nostro Governo e il Parlamento per la soluzione della imprevista e difficile crisi innescata da Matteo Renzi dopo mesi di punzecchiature e critiche al Premier Conte, e mercoledì 20 gli Stati Uniti d’America per il difficoltoso insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca e il pericolo che il perdente Trump, che ha conservato i pieni poteri dalle elezioni dell’inizio novembre fino a tale data, potesse mettere in pericolo il suo paese e il mondo intero con un colpo di coda che, fortunatamente, non c’è stato.
Conte e la crisi
Debbo dire che, alla fine, probabilmente le mie previsioni sui maggiori pericoli della soluzione della crisi americana si sono mostrate, fortunatamente, infondate, mentre maggiori difficoltà si sono avute, e rimangono, per il nostro Governo dopo il responso della Camera, che ha dato ampia fiducia al Conte-2, e del Senato, dove la fiducia al Conte-2 è stata votata, come si prevedeva, ma con soli 156 voti, nei quali si debbono includere anche quelli dei Senatori a vita, sui quali il Governo non potrà sempre contare.
Conte sarà costretto a trovare almeno altri 14 parlamentari per giungere ad una soglia di sicurezza di almeno 170 voti che lo metterebbero al riparo da eventuali ulteriori difficoltà: che certamente non mancheranno.
Lo stesso Presidente Mattarella, col quale il Premier si è costantemente tenuto in contatto, ed al quale ha poi chiesto come procedere, gli ha consigliato che in tempi brevi trovi una più solida maggioranza anche al Senato, senza la quale la situazione potrebbe prendere una brutta piega, non escluso lo scioglimento del Parlamento e nuove elezioni prima dell’inizio del semestre bianco.
Eventualità alla quale in pochi credono per tanti motivi: il primo è che in un nuovo Parlamento ci sarebbero 345 parlamentari in meno, in virtù della riduzione degli stessi sancita definitivamente dal Referendum di Settembre scorso. Il che significherebbe che molti degli attuali parlamentari non verrebbero eletti e perderebbero anche il diritto alla pensione per non aver maturato l’anzianità della carica attualmente prevista.
Ma c’è un altro motivo che fa pensare che mai si arriverà ora a nuove elezioni perché lo stesso Renzi, responsabile dell’attuale situazione, non lo vuole, ben sapendo che la sua attuale forza parlamentare verrebbe pesantemente ridimensionata e rischierebbe di uscire definitivamente dalla scena.
Infatti per Renzi scatterebbe ciò che qualcuno ha definito “l’effetto Toninelli”, il mai dimenticato Ministro grillino alle Infrastrutture e Trasporti del Governo Conte-1, il quale, fino a quando è stato in carica, ci ha deliziato (si fa per dire) con le sue perle e con la sua quotidiana presenza in TV, ma appena sostituito è scomparso dalla circolazione.
Il comportamento di Renzi, non gradito dagli italiani ai quali è risultato incomprensibile, ha avuto un epilogo ancora più incomprensibile nel corso delle sedute alla Camera e al Senato.
Ricordiamo che Renzi aveva sfiduciato Conte e, conseguenzialmente, alle votazioni, avrebbe dovuto votare per la sfiducia; ma la sorpresa è stata la sua inspiegabile doppia “astensione” che lascia alquanto sbalorditi.
D’altronde egli stesso ha detto qual è il significato dell’astensione: “Il mio appello è: non fate un baratto di singoli parlamentari, tornate alla politica”. Alla domanda se la sua nuova apertura dopo il ritiro delle sue Ministre sia un segno di incertezza, Renzi ha replicato: “Non è un segno di incertezza, è un segno di aprirsi al compromesso. Abbiamo scritto una lettera al premier che il premier non ha nemmeno letto e se l’ha letta non ha nemmeno risposto”: questo ha dichiarato giovedì 21 gennaio a Piazza Pulita.
Ecco il punto, il compromesso: in cambio di che?
Perché Renzi ha fatto tutto questo pò-pò’ di baccano e poi si è tirato indietro?
La spiegazione si ritiene che sia proprio nelle considerazioni fatte prima: Renzi non vuole andare alle elezioni, vuole solo contare e avere visibilità, e per questo intende rimanere solo una spina nel fianco di Conte il quale, però, ha dimostrato di essere un osso abbastanza duro da rosicchiare, ed è stato solo grazie alla sua astuzia se Renzi non ha fatto la fine che ad agosto scorso Conte riservò all’altro Matteo, quel Salvini che, nonostante rosari e preghiere, venne cacciato da Conte in malo modo.
Alla fine il Matteo Renzi, con le sue astensioni, ha fatto un poco la misera figura di Matteo Salvini il quale, alla fine, tentò di rientrare, ma Conte lo ignorò.
Strano parallelismo quello dei due Matteo.
Qualche ulteriore considerazione appare opportuna al riguardo di altri parlamentari che al Senato hanno avuto un comportamento determinato e costruttivo, come, ad esempio, Renata Polverini, storica alleata di Berlusconi, che ha votato per Conte, attirandosi le ire, anche sessiste, dei parlamentari forzisti; e dei Senatori Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi, che hanno votato la fiducia a Renzi e rischiano l’espulsione dal partito
Il caso eclatante è proprio quello di Maria Rosaria Rossi, campana di Piedimonte Matese, che per oltre vent’anni è stata uno dei punti di riferimento di Berlusconi, del quale è stata una collaboratrice a tutto campo e alla quale il Cavaliere aveva affidato pure le finanze del partito e la gestione della sua dimora privata insieme alla precedente compagna Francesca Pascale; ed anche nei suoi confronti i forzisti non sono stati teneri e gliene hanno detto di cotte e di crude, pure con commenti volgari.
Per non parlare di Antonio Tajani, ex Presidente del Parlamento europeo il quale, dopo quel piedistallo prestigioso, ora si è ridotto a fare il portavoce del Cavaliere: una caduta impressionante.
Ma ci sono state anche scene esilaranti, da avanspettacolo, come quella del Senatore Ciampolillo, grillino dissidente, il quale non avrebbe voluto votare la fiducia a Conte ed ha “fatto l’anguilla”, cioè ha cercato furbescamente di non partecipare alla votazione standosene nel corridoio, fino a quando qualcuno, capito il gioco, non l’ha spinto a forza nell’aula e a quel punto, provocando anche il risentimento della Casellati, si è visto costretto a votare la fiducia per evitare che lo cacciassero pure dal partito. O dell’altro Senatore del PSI Riccardo Nencini, che pure ha votato la fiducia a Conte ma rientrando in aula all’ultimo minuto insieme a Ciampolillo.
Insomma una fiducia sofferta, quella del Senato, alla quale Conte dovrà porre ripari.
Addio Trump
Ormai Trump, il Tycoon scapigliato, è uscito di scena, speriamo per sempre, e ora per lui cominciano i veri guai; finora ha fatto il bello e il cattivo tempo per quattro anni, sconvolgendo gli Usa e il mondo intero con la sua megalomania, col suo sovranismo esasperato e parlando alla pancia dei suoi sostenitori; ora sarà costretto a fare i conti con la giustizia, che pure negli Usa quando ci si mette non scherza, probabilmente anche con quella fiscale, che scherza pure meno (ricordiamo la storia di Al Capone), ma anche con i potenti vicini della sua mega-villa da 160 stanze a Mar-a-Lago in Florida.
Che Trump non sia amato da tutta l’America è un fatto inequivocabile, come è inequivocabile che ha 70.milioni di elettori abbiano votato per lui, ma è pure inequivocabile che con le sue pazzie si è alienate le simpatie di tanti repubblicani, compresi tanti del suo staff, il quale inizialmente sembrava elastico, perché i collab0ratori venivano ammessi e cacciati a ritmo frenetico; in quel periodo ricordo che competeva con Virginia Raggi, la quale da Sindaco di Roma non è stata da meno.
E se non è amato nemmeno dai suoi, immagina se lo sia dai democratici; anche se non mi sarei mai aspettato che un giornalista noto per le sue simpatie democratiche, come Alan Friedman, potesse cadere così in basso commentando l’uscita di Trump dalla scena accompagnato dalla sua “Escort” Melania: così l’ha definita ed ha suscitato le sacrosante proteste delle donne che sui “social” sin sono sbizzarrite in critiche e commenti.
“Trump si mette in aero con la sua Escort Melania” ha detto Friedman, e in un primo momento ho ritenuto che avesse usato in buona fede un termine poco adatto, ma poi si è scusato ammettendo di averlo fatto intenzionalmente: uno scivolone incredibile, che lo squalifica.
Ma i guai di Trump continuano anche con gli ostacoli che gli creano i suoi ricchi vicini della mega-lussuosa villa in Florida, un complesso di 160 stanze che per motivi fiscali Trump ha trasformato in un lussuoso villaggio turistico che può essere utilizzato solo settimanalmente dai turisti, ma che egli vorrebbe abitare stabilmente: questo ha irritato suoi ricchi vicini per i fastidi che avranno in quanto Trump intende fissare lì la sua dimora stabile anche per prepararsi al futuro politico: quindi temono in via vai di aerei ed elicotteri che farebbero perdere la pace del luogo.
Vedremo come andrà a finire, ma un ultima chiosa è il caso di fare sulla arroganza di Trump il quale è andato via senza scambio di saluti con Biden, e questo lo si sapeva, ma portando con se anche la temibile valigetta atomica: fortunatamente non se ne potrà più avvalere in quanto è stato immediatamente annullato il suo “Bisquit”, cioè il tesserino magnetico che abilita all’utilizzo il Presidente in carica, immediatamente fornito a Biden.