A colloquio con Monsignor Beniamino Depalma: “Imparare nuovi stili di vita e non abusare del creato”
“La terapia per il post Covid è solo una: impariamo a diventare uomini e diventare uomini significa la cura delle relazioni, l’importanza degli altri, che non ci siano disuguaglianze sociali. O recuperiamo l’umanità oppure non ne usciremo mai”
“I giovani non sono il futuro, sono già il presente e dai giovani deve venire il cammino della rivoluzione sociale, che non è la contrapposizione di classi, il marxismo o usare le armi. La rivoluzione sociale significa il rispetto dell’uomo, perché l’uomo viene prima di tutto… E la politica deve servire l’uomo e non servirsi dell’uomo”.
Pugliese di nascita, religioso della Congregazione della Missione, Monsignor Beniamino Depalma è stato Arcivescono dell’Arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni nell’ultimo decennio del secolo scorso. Era succeduto a Monsignor Palatucci il 7 dicembre del 1990 e aveva iniziato il suo ministero nella nostra Arcidiocesi il successivo 23 febbraio 1991.
L’8 settembre del 2016 a Palazzo di Città gli fu conferita la cittadinanza onoraria. Fu il giusto tributo che la Città di Cava dei Tirreni attribuì ad un Pastore di anime che tanto aveva dato alla città metelliana.
In occasione del suo trentesimo anniversario di episcopato in collaborazione con il parroco don Vincenzo Di Marino abbiamo incontrato Padre Beniamino Depalma.
Che ricordi porta dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava, la sua prima sede appena ordinato vescovo?
Il primo amore non si dimentica mai, porto bellissimi ricordi, ero giovane quando arrivai in questa Arcidiocesi, quindi mi lanciai con tutto l’entusiasmo che quell’età poteva comportare, l’inserimento non è stato difficilissimo perché ho trovato una diocesi molto accogliente. Ho tanti ricordi con questa Arcidiocesi che mi aiutano a tenere un legame alla realtà. Una volta che si è vescovi di una zona si è vescovi per sempre, quindi si creano relazioni vere e profonde che non si dimenticano mai.
Dopo Amalfi Cava, la Diocesi di Nola che presentava una maggiore complessità sociale…
Io sono stato otto anni come vescovo ad Amalfi-Cava, era la prima diocesi, la bellezza del turismo e in un certo senso lo sguardo era contagiato dalla bellezza. A Nola ho fatto un esperienza della realtà, che non è solo quella che vedi con gli occhi. La realtà umana è totalmente diversa. E allora ho dovuto fare l’esperienza della realtà umana con tutti i problemi sociali che caratterizzavano questo territorio. Ricordo Amalfi nella sua bellezza del turismo e Cava segno di una città culturale. Ad Amalfi-Cava non c’erano le tensioni sociali che ho incontrato a Nola. Sono due realtà totalmente diverse ma ugualmente interessanti. Le due diocesi mi hanno fatto crescere nella mia umanità.
Ci troviamo ad affrontare un periodo di emergenza sanitaria, quali indicazioni consiglia per il post-covid?
Noi come tutto il mondo siamo diventati schiavi delle illusioni. L’illusione dell’economia, e cioè che il mondo potrà cambiare con un economia forte, ma l’economia ci ha traditi nel 2008 con la crisi. Credevamo che la tecnica potesse risolvere tutti i problemi e non si è riusciti ancora a trovare una soluzione. Ci siamo quindi sentiti traditi dalle nostre illusioni. Qual è la terapia a questi problema che ci ha investito e ha scoperto i problemi già pre-esistenti? La terapia è solo una: impariamo a diventare uomini, questo significa la cura delle relazioni, l’importanza degli altri, che non ci siano disuguaglianze sociali. O recuperiamo l’umanità oppure non ne usciremo mai. Io credo che bisogna abituarsi alla crisi. Ormai il pianeta è rovinato e dovremmo passare da crisi in crisi, finirà il covid e ci sarà qualche altra epidemia perché il creato è rovinato. Diventare uomini significa imparare nuovi stili di vita e non abusare del creato. Il Padre Eterno quando creò il creato diede due verbi ad Abramo: custodisci e coltiva. Questi sono i due verbi che dobbiamo tenere in considerazione per far si che il pianeta si conservi stabile. Papa Francesco ha ragione, noi viviamo in connessione, l’uomo è connesso con gli altri uomini e siamo tutti connessi con il pianeta e se non rispettiamo questa connessione perdiamo tutto.
Soprattutto noi giovani credenti come dobbiamo interpretare questo periodo in prospettiva futura?
I giovani non sono il futuro, sono già il presente e credo che dai giovani deve venire il cammino della rivoluzione sociale e rivoluzione sociale non è la contrapposizione di classi, il marxismo o usare le armi ma la rivoluzione sociale significa il rispetto dell’uomo, perché l’uomo viene prima di tutto e la politica deve servire l’uomo e non servirsi dell’uomo. L’uomo è la più grande risorsa che Dio ha creato. Se la risorsa umana viene meno non ha senso tutto questo, allora siete voi giovani che dovete convincervi che da voi comincia la rivoluzione.