Incrocio Trump/Zuckerberg, ‘o ciuccio e ‘o patrone
L’incrocio Donald Trump/Mark Zuckerberg ha posto in essere due diversi modi di offendere le regole delle istituzioni liberal-democratiche.
Il primo le ha messe in discussione e, poi, le ha forzate ispirando atti di violenza. Il secondo ne ha snaturato l’essenza pluralistica.
Trump, bannato o no, può anche non ritornare nell’agone elettorale, ma restano le inquietudini delle voci senza ascolto nello establishment statunitense. Il che lascia prevedere che non si è esaurita l’energia della faglia che sta radicalizzando le dinamiche socio-economiche che travagliano le tradizionali formazioni politiche nordamericane.
Zuckerberg, rimuovendo da Facebook l’account di Trump ha mostrato il volto dell’arroganza di un potere extra politico, quello della finanza che detiene il governo delle reti della comunicazione che orienta e determina i consensi. Se le rimozioni a piacimento dovessero divenire un sistema senza regole c’è da preoccuparsi per le sorti delle democrazie occidentali sulle quali incombe il fantasma del Grande Fratello.
E’ pur vero come recita un antico adagio napoletano: “attacca ‘o ciuccio addò vò ‘o patrone”; ma c’è anche l’avvertimento del seguito: “si chiesto (‘o patrone) nun è buono, sciuòglie ‘o ciuccio e attacca ‘o patrone”.
Chi è il ciuccio da sciogliere ed il padrone da attaccare? Il ritorno di Trump non è certo, ma la sua presenza continua ad avere un peso negli equilibri elettorali intermedi che possono modificare il rapporto di forze nel Congresso. Lo spazio pubblico della comunicazione, che per sua natura non ha confini geopolitici, resterà dominio di privati monopolisti finché non ci sarà un autority con poteri giurisdizionali e politici a configurarne regole e comportamenti super partes.