Omaggio a Maradona… e al sindaco Servalli
E’ stato indubbiamente il più grande. In assoluto. Diego Armando Maradona aveva un dono divino, che gli ha permesso di essere forse l’unico calciatore capace di cambiare da solo le sorti di un incontro, di un campionato, persino di un mondiale. Comprensibile, quindi, lo stupore e il clamore suscitati dalla notizia della sua morte. In tutto il mondo, non solo a Buenos Aires, la sua città natale, e Napoli, la sua città di adozione, dove ha prevalso addirittura lo sconforto, il dolore per la perdita di qualcuno considerato alla stregua di un familiare stretto.
Certo, come hanno scritto un po’ tutti, Maradona è stato genio e sregolatezza. Se come calciatore è stato inarrivabile, come uomo non è stato di sicuro un esempio di virtù. Era indubbiamente un uomo fragile e controverso. Vittima, molto probabilmente, di quel successo straordinario e di quella ricchezza avuti da quel dono divino di essere il campione, il calciatore numero uno. Non è il primo, e forse non sarà l’ultimo nella storia dell’umanità, che paga la genialità con gli eccessi, quasi che la grandezza, la gloria, la popolarità avessero come rovescio della medaglia gli errori, le intemperanze, le contraddizioni. E, con questi ultimi, la sequela di disavventure, incomprensioni, dolori, sofferenze, finanche di solitudine, che spesso accompagna proprio chi raggiunge le vette della celebrità.
Sono comprensibili, quindi, per un personaggio così famoso, tormentato e complesso come Maradona, finanche gli eccessi pericolosi e non giustificabili in tempo di Covid che si sono visti nella giornata di ieri a Buenos Aires ma anche nella nostra Napoli. In un’epoca in cui tutto è liquido, un artista del pallone, il più grande interprete di quest’arte, diventa qualcosa di memorabile, un punto fermo, un riferimento, un valore. E finanche le sue miserie, le sue debolezze, esaltano e non sminuiscono la grandezza, il valore del campione.
Se sono comprensibili i sentimenti sinceri e viscerali del popolo del pallone e non solo, è sembrata invece alquanto vomitevole quella gara che hanno fatto i politici a tutti i livelli nel postare sui social i commenti più toccanti. Insomma, una rincorsa nel tentativo di accaparrarsi a buon mercato la simpatia e i favori degli appassionati del calcio. Stomachevole.
Non è stato da meno il nostro sindaco Servalli, il quale ha addirittura disposto l’accensione dei fari del nostro stadio come per lo stadio S. Paolo. Ridicolo. Capisco che i fari nuovi allo stadio, dopo tutto quel che sono costati ai contribuenti cavesi, è pure giusto che ogni tanto vengano accesi. Almeno così li proviamo e consumiamo pure un po’ di energia elettrica. Ma cosa c’entra il nostro stadio con il S. Paolo, che ha visto le gesta ed il trionfo di Maradona e del suo Napoli?
Vero è che questa pensata l’hanno avuta anche altri sindaci di comuni viciniori, ma si sa, a scimmiottare noi italiani siamo bravi e i politici di oggi, in questo, primeggiano.
Se ciò non è demagogia e populismo, cos’è? Insomma, Salvini docet, e non solo lui.
Chissà se Servalli accenderà le luci dello stadio comunale per ricordare le vittime del Covid quando questa pandemia finirà!
Chissà se Servalli accenderà le luci dello stadio comunale quando il nostro ospedale tornerà ad essere tale e non più un poliambulatorio di campagna come oggi!
Chissà! Forse accenderemo le luci dello stadio comunale quando questa Amministrazione comunale riuscirà a realizzare la Cittadella della salute unitamente alla Casa del Parto, non facendo così restare lettera morta il programma elettorale del sindaco Servalli almeno per questo punto (pagina 26)?
Chissà!