Il profumo del vecchio Nazzareno che vanifica l’appello di Mattarella
Dall’appello alla collaborazione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci si aspettava dalle forze politiche l’apertura di un dialogo o di una interlocuzione (termine caro al Premier Giuseppe Conte) tra Governo ed opposizione sulle cose da fare insieme rispetto all’emergenza sanitaria ed economica e sociale che sta vivendo l’intero Paese.
Ma nelle reazioni lette nei resoconti giornalistici sembrano prevalere i toni della diffidenza sulla disponibilità a lavorare insieme, anche in maniera formale, per assecondare la volontà la Capo dello Stato.
Ne sono emblematiche le parole del botta e risposta tra Di Maio e Forza Italia (“mai con Berlusconi” a “stare con voi non ci pensiamo proprio”); le tensioni interne al centrodestra (“non voglio pensare a scambi con PD e M5S” puntualizza Mateo Salvini); le problematiche riflessioni del dem Graziano Del Rio: “serve più ascolto, non sentiamoci autosufficienti”.
Dalla fonte stellata il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, rimarca “nessun allargamento della maggioranza” ma “doveroso dialogare con le opposizioni” avendo l’Italia in questa fase “bisogno del contributo di tutti”.
Non specifica le cose su cui lavorare da subito, ma dalle colonne del Corsera di Giovedì 15 precisa che ci sono le condizioni per lavorare a una legge sulle lobby e su quella sul conflitto di interessi. É certamente una delle priorità del manifesto programmatico del M5S, ma non se ne comprende il nesso con la pandemia e con l’appello del Capo dello Stato, trattandosi di legislazione di sistema e non di emergenza.
Per i malpensanti se ne intravede il senso in una sorta di avviso ai naviganti sia di FI, PD ed IV di Matteo Renzi sostenitore di un rimpasto a Palazzo Chigi. Come dire: la rotta della collaborazione è ancora nelle carte nautiche timbrate con 5 Stelle. Restando nelle metafore marinaresche non sembra che il messaggio in bottiglia del Presidente Mattarella sia stato letto da tutti con spirito di collaborazione.
Nelle parole dei destinatari si colgono più sospetti di “inciuci” che voglia di dialogo. Ad agitare le acque tra PD e M5S e tra Lega e FI è la paternità della cosiddetta norma salva Mediaset dall’attacco dei francesi di Vivendi. Al di là della salvaguardia di un asset di interesse nazionale, pesano i retro pensieri di una sorta di scambi di voti in Parlamento sullo scostamento di Bilancio e sul pacchetto Covid che va in aula alla Camera la prossima settimana.
Se questo è il presupposto, l’auspicato dialogo si porterebbe appresso l’alone del profumo di un’altra stagione del Nazzareno. Si capiscono le fughe da FI, il distinguo di Salvini, le preoccupazioni di Di Maio e Bonafede per le reazione della base grillina, il travaglio dei dem ed il gioco di rimessa di Renzi.
Come dire che tra le parole ed il fare c’è un fossato di risentimenti che vanifica l’appello del Capo dello Stato ed allunga la vita al Governo del Premier Conte che ha manifestato di avere più attitudini con il monologo che avventurarsi in dialoghi a più voci.